Lavoro. 2007, anmil: oltre 800mila infortuni e 1 morto ogni 7 ore
4 febbraio 2008
(DIRE) Roma, 4 feb. - Sono stati 832.037 gli infortunati sul lavoro (con rendita Inail) in tutto il 2007 e, nell'86% dei casi, gli incidenti hanno riguardato lavoratori maschi. Più colpito (con l'80% degli incidenti, 665.793) il settore dell'industria e dei servizi. Seguono agricoltura (19%, 156.571 infortunati) e lavoratori statali (1%, 9.673 casi). In oltre 208.000 casi l'invalidità derivata dall'infortunio è grave, molto grave in più di 27.000, media in oltre 588.000. E' quanto emerge dal 2° Rapporto Anmil (Associazione nazionale mutilati ed invalidi sul lavoro) sulla tutela delle vittime del lavoro, presentato oggi a Roma alla stampa e, in anteprima, al Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che è intervenuto più volte in prima persona, nelle scorse settimane, per denunciare la tragedia delle morti bianche nel nostro Paese.
L'indagine parla chiaro: gli incidenti sul lavoro sono circa un milione l'anno nel nostro Paese, i morti più di mille, ogni 7 ore c'è un decesso. E l'Italia, ancora una volta, è fanalino di coda in Europa. Nel nostro Paese, infatti, il numero dei decessi sul lavoro cala, ma a ritmi più lenti rispetto alla media Ue. Secondo il Rapporto (che rielabora i dati Inail), in dieci anni gli infortuni mortali nell'Unione Europea sono diminuiti del 29,41%, mentre in Italia solo del 25,49%. Un dato poco esaltante rispetto a quello della Germania (-48,30%) o della Spagna (-33,64%). Il settore in Italia dove calano di più gli infortuni è quello dei trasporti e del magazzinaggio (-27,88%). In termini assoluti, l'Italia resta, comunque, il Paese con il più alto numero di morti sul lavoro.
Va un po' meglio per gli incidenti non mortali: il calo medio in Ue è del 17,05%, in Italia del 18,14%, anche se si deve tenere conto dell'elevato numero di infortuni non denunciati (l'Inail stima siano circa 200.000) nell'ambito del lavoro nero. Ma perché il nostro Paese resta tanto indietro? Perché " le leggi sembrano esistere solo sulla carta", denuncia l'Anmil, auspicando che la norma varata nello scorso agosto (il testo unico sulla sicurezza sul lavoro, legge 123) non abbia la stessa sorte delle precedenti " a causa delle vicende politiche". A cinque mesi dall'entrata in vigore, intanto, denuncia l'Anmil, " i coordinamenti provinciali delle attività ispettive previsti all'articolo 4, stanno appena muovendo, quando va bene, i primi passi". E si stima che se il personale impegnato nella prevenzione infortuni dovesse controllare tutte le aziende, " ognuna di esse riceverebbe un controllo ogni 23 anni".
Sul fronte penale, poi, spiega il Rapporto, i reati di omicidio colposo o lesioni conseguenti al mancato rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro, " sono sostanzialmente impuniti", vuoi per i tempi della giustizia vuoi per l'indulto intervenuto nel frattempo. Nel frattempo, le cose vanno diversamente in Europa: nell'ordinamento giudiziario francese vi è un pool di pubblici ministeri e di giudici istruttori i quali hanno una competenza per quasi tutto il territorio francese sugli affari e i reati di maggiore rilevanza sul piano nazionale che attengono la salute. In Spagna è stata introdotta la figura del procuratore speciale per gli incidenti sul lavoro. Mentre, nel nostro Paese, per le vittime del lavoro ottenere giustizia è " purtroppo - dice l'Anmil - una timida, e quasi sempre disattesa speranza".
A fronte dei dati sono quattro le strade da perseguire, secondo i curatori del Rapporto: investire sulle attività di prevenzione e controllo, introdurre sanzioni adeguate alla gravità ed alle conseguenze dei comportamenti, organizzare un apparato amministrativo e giudiziario che assicuri l'applicazione certa e rapida delle sanzioni, promuovere iniziative informative, formative e culturali che sviluppino nel medio-lungo periodo una maggiore attenzione alla prevenzione.
(Ami/Dire)
Aggiornata il 16 maggio 2013