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OSSERVASALUTE/ Povera Italia che non previene

www.ilsole24ore.it

30 marzo 2015

di Barbara Gobbi

Prevenzione significa, anche, corretti stili di vita e screening regolari e parimenti disponibili per uomini e donne. Significa riduzione del fumo di sigaretta, pratica sportiva, tutela della salute mentale anche in contesti che sempre più diffusamente e cronicamente sono disagiati.
L'Italia fotografata dal XII Rapporto Osservasalute, presentato oggi a Roma all'Università Cattolica, è un Paese che su tutti questi fronti continua a fare acqua. Malgrado una crisi ormai strutturale, sia a livello di risorse disponibili sia di modelli di assistenza che mostrano profonda necessità di revisione. E che spesso non sono all'altezza delle sfide. Gli italiani stanno ancora bene, grazie anche a un Ssn che è tra i migliori al mondo, ma preoccupano il perdurare di ampi gap territoriali - la storica forbice Nord-Sud, a esempio per la speranza di vita alla nascita o per la capacità di contrastare la mortalità evitabile - e una lungimiranza che non c'è nell'evitare, magari con la medicina d'iniziativa, l'insorgere della malattia, sia fisica che mentale. E a questo proposito il Report 2014 racconta di un nuovo aumento del ricorso agli antidepressivi, a fronte di consumi stabili nei due anni precedenti, e del dramma di suicidi che vede impennarsi i tassi (fino al 35 per mille tra gli uomini) nei grandi anziani. I più fragili, spesso. E in un Paese decisamente "agé", dove si stima che nel 2035 la quota di spesa pubblica in rapporto al Pil crescerà di mezzo punto (fino al 7,5%) proprio in seguito all'invecchiamento della popolazione, questi sono dati che preoccupano.
Altri indicatori-spia tratteggiano un Ssn tra luci e ombra. Come quelli sui tumori, con l'alternarsi di successi (-33,3% del tumore della cervice uterina) e di grandi sconfitte: sempre per le donne, l'aumento del 17,7% e del 10,5% rispettivamente dei casi di cancro al polmone e al seno. Mentre le malattie cardiovascolari continuano a essere le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità. Evitabili proprio intervenendo su quei fattori di rischio (leggi sedentarietà, sovrappeso e fumo) rispetto ai quali, ancora oggi, si stenta a intervenire con decisione.
È in bilico la tenuta del sistema, avvertono dall'Osservatorio Walter Ricciardi e Alessandro Solipaca. A meno che non si inverta la rotta valorizzando quanto di buono del nostro Servizio sanitario può essere salvato, diffondendo le best practice e tenendo il punto sulle risorse, che non possono essere ridotte all'infinito.
Non siamo all'anno zero: il rapporto Osservasalute mette in fila anche i successi ottenuti, come una maggiore attenzione alla comunicazione con i cittadini e l'aumento dei servizi di assistenza domiciliare integrata (Adi), + 6% rispetto al 2011. E ancora, il calo continuo del consumo di alcolici (anche tra i giovani) e dei consumatori a rischio, malgrado il fenomeno preoccupante del binge drinking. E la diminuzione dei fumatori, che però registrano ancora una quota troppo alta tra i giovani di 25-34 anni.
Un cambiamento di rotta è possibile, secondo gli estensori del rapporto. Ma servono volontà politiche e risorse finanziarie e umane.
Non aiutano certo il dato di una spesa sanitaria pubblica ai minimi (1.816 euro nel 2013) rispetto ad altri sistemi sanitari europei confrontabili, né quella che gli estensori di Osservasalute definiscono senza mezzi termini come "emorragia del personale sanitario". Con l'organico del Ssn che «sta subendo una costante contrazione», soprattutto, di nuovo, in Regioni come Lazio, Puglia, Campania, Molise e Calabria che mostrano tutte tassi di compensazione del turnover inferiori al 25 per cento.
Quali risposte dare a vecchie e nuove emergenze? Se le soluzioni pensate e offerte fino a oggi non sono evidentemente sufficienti - argomentano dalla Cattolica analizzando i dati messi insieme dai 195 esperti di sanità pubblica, clinici, demografi, epidemiologi, matematici, statistici ed economisti distribuiti su tutto il territorio italiano - «vale la pena di iniziare a ragionare su alcune proposte, emerse già da qualche anno, che prospettano sulla scorta di esperienze europee del welfare-mix un "secondo welfare" basato su sistemi, sostenuti con incentivi pubblici, in grado di intrecciare in modo virtuoso l'iniziativa privata e quella di natura associativa».

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Aggiornata il 31 marzo 2015