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L’italia all’avanguardia ma solo giuridicamente. disabili: terza nazione al mondo. si è conclusa all’onu, nel disinteresse generale, la conferenza sui «diversamente abili». eppure sono ben 600 milioni.

27 febbraio 2006

FONTE CORRIERE DELLA SERA

 

DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK – La delegata con i capelli tagliati corti e la cuffia della traduzione simultanea, seduta nella sala a semicerchio delle Nazioni Unite davanti a una targhetta con la scritta Germany, indossa la tipica divisa di lavoro della donna manager. Tailleur con pantaloni grigio scuro e valigetta nera un po’ imbottita per il computer. Ma qualcosa di inconsueto la distingue. La delegata-manager, mentre ascolta in cuffia, con le dita scalze del piede sinistro, dove all’altezza della caviglia si nota l’orologio, scorre l’ordine del giorno e con il piede destro batte velocemente i tasti del computer, sistemato in basso su un tavolinetto. Tocco tipicamente femminile, il terzo e il quarto alluce sono ingentiliti da due anelli. Ogni tanto, con disinvoltura da ginnasta, la donna ripiega ad angolo una gamba verso l’alto e si concede una pausa, appoggiando la faccia sul tallone. Chi, dopo avere visto questa scena, si sentirà di usare un’altra volta la parola offensiva «minorato»? Nella sala numero 4 dove per tre settimane si è riunito il comitato per la nuova Convenzione internazionale sulle persone disabili, in un angolo si trovano le copie di tutti gli atti in Braille, che permettono anche ai ciechi di seguire i lavori e intervenire alla pari dei vedenti. Elementare si dirà. Ma in molti Paesi, dove nessuno pensa ancora di introdurre le schede elettorali Braille, il non vedente, per esercitare il suo diritto di voto, dipende dalla benevolenza di accompagnatori e scrutatori. Sul lato opposto della sala un gruppo di persone gesticola con grande animazione. Sono gli speciali interpreti per i sordomuti che si affiancano ai traduttori simultanei. Come spiegano i delegati, il popolo dei 600 milioni di disabili è praticamente la terza «nazione» del pianeta, dopo Cina e India.

 

IN ITALIA - In Italia, aggiunge Isabella Menichini del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i disabili gravi sono oltre 3 milioni; ma la cifra si raddoppia tenendo conto delle disabilità più lievi: in totale dunque il 10 per cento degli italiani. «Il problema non è solo di numeri e neppure di risorse insufficienti» sottolinea Pietro Barbieri, presidente della Federazione Italiana Superamento Handicap. «In Italia, anche se qualcosa si incomincia a fare, per esempio con le deduzioni introdotte nel 2005 di 3700 euro dal reddito per chi ha figli disabili, occorre un cambiamento radicale di mentalità. Nei treni italiani, per esempio, con gli scalini di accesso e le pensiline non a livello, a differenza di altri paesi, il diritto dell’anziano e del disabile alla mobilità esiste spesso solo sulla carta. E pesanti sono le discriminazioni imposte da molte compagnie aeree. Basterà ricordare la WindJet, che al disabile impone la soprattassa di ben 40 euro, l’Alitalia che gli assegna solo i posti in coda e la Air One che nella tratta fra Cagliari e Milano addirittura non lo imbarca nei primi voli del mattino».

VICENDA EMBLEMATICA - La storia di Barbieri, 39 anni, paralizzato per un tuffo dalla vita in giù a vent’anni quando studiava architettura, è stata un vero campionario di discriminazione. «L’università – ricorda – negli anni Ottanta a Roma non era attrezzata per un caso come il mio. Dato che avevo perso parzialmente anche l’uso delle dita, i miei comprarono a loro spese un costosissimo computer per il disegno assistito. Ma non mi permisero di usarlo. Tutto quello che mi dissero fu «che t’importa, vai, tanto ti promuovono d’ufficio col 18 politico». Preferii lasciare. Ora è vero, dopo vent’anni, molto sta cambiando. Le nostre università ospitano 10mila studenti con disabilità anche se con strutture tuttora inadeguate. Ma in Germania, ad Heidelberg, una università accoglie solo disabili, addirittura 5mila». Il problema, su scala mondiale, è di gran lunga più drammatico. «In tutto il mondo – dice l’olandese Lech Grandia presidente della Federazione mondiale sordociechi - il 96% dei disabili non va a scuola, spesso non può votare, non può aprire un conto in banca, è fuori dal mondo del lavoro, a volte gli è perfino vietato di sposarsi». Ma la Convenzione internazionale in che cosa può aiutare? «Sarà un grande passo avanti», assicura il neozelandese Don McKay, presidente del Comitato ONU che la sta elaborando. Servirà a

«riformare le vecchie istituzioni, che per secoli hanno discriminato e ghettizzato i disabili nel mondo. Dobbiamo far capire che questi 600 milioni non soltanto devono godere degli stessi diritti di ogni altro essere umano, ma sono anche una risorsa culturale, intellettuale e perfino produttiva».

 

Renzo Cianfanelli

28 febbraio 2006

 

Aggiornata il 16 maggio 2013