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Rapporto inail 2008: calo record degli incidenti mortali sul lavoro in italia

www.inail.fvg.it - 

26 giugno 2009

Sono 1.120 i casi registrati lo scorso anno su 875mila infortuni complessivi, per una flessione del 7,2%. In aumento, invece, le malattie professionali. La circolazione stradale resta il nemico principale da combattere. Indici Eurostat: il tasso di incidenza del nostro Paese è più basso rispetto alla media dell'Area Euro e dell'Ue-15.

ROMA - E' stato presentato oggi, a Roma, presso la Sala della Lupa a Montecitorio, dal Presidente/Commissario straordinario dell'INAIL, Marco Fabio Sartori, il Rapporto Annuale 2008 dell'Istituto. Il documento " fotografa" sulla base dei dati elaborati dalla Consulenza Statistico Attuariale dell'INAIL l'andamento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali in Italia, analizzando il suo andamento tendenziale di medio periodo e comparandolo nel più ampio quadro internazionale dell'Unione Europea.   Di seguito, i principali aspetti emersi nel Rapporto che - nella sua interezza, insieme alla relazione del Presidente Sartori e ad altri documenti di sintesi - può essere anche reperito nella specifica cartella stampa pubblicata su questo portale: 

Morti sul lavoro, mai così pochi dal dopoguerra. Sonostati 874.940 gli infortuni sul lavoro e 1.120 gli incidenti mortali nel 2008. L'anno passato si è chiuso con un bilancio infortunistico che, pur nella drammaticità dei numeri, segna un incoraggiante record storico: per la prima volta dal 1951, primo anno per il quale si dispone di statistiche attendibili e strutturate, nel nostro Paese il numero di infortuni mortali è sceso al di sotto dei 1.200 casi l'anno. Nel 2008, infatti, i morti del lavoro sono diminuiti del 7,2% rispetto ai 1.207 dell'anno precedente.

Il 2008 non fa che confermare una tendenza che, con l'unica eccezione del 2006, è in corso ormai da molti anni: da un punto di vista statistico l'andamento storico del fenomeno degli infortuni mortali appare ridotto ad un quarto rispetto ai primi anni Sessanta. Nel giro di circa quaranta anni, infatti, si è passati dal tragico record storico di 4.664 morti sul lavoro del 1963, apice del boom economico, ai poco più di 1.500 di inizio millennio. Tale trend decrescente è poi proseguito negli anni Duemila: tra il 2001 e il 2008 gli infortuni mortali sono diminuiti di circa il 28% in valori assoluti e di oltre il 33% se il dato è rapportato agli occupati, che nello stesso periodo di tempo sono aumentati dell'8,3%. In ogni caso va detto che il calo è stato continuo e sostenuto dal 2001 (1.546 infortuni mortali) al 2005 (1.280 casi) per interrompersi per un improvviso quanto imprevisto rialzo nel 2006, che ha registrato 1.341 decessi. Fortunatamente i dati 2007 (1.207) e 2008 (1.120) hanno segnato di nuovo una decisa riduzione degli eventi mortali.

La strada è il nemico numero uno. Ma quali sono i peggiori pericoli per i lavoratori? Sicuramente il principale è rappresentato dalla strada, colpevole di oltre la metà delle morti bianche. Dei 1.120 infortuni mortali del 2008, infatti, 335 sono quelli determinati da circolazione stradale in occasione di lavoro (autotrasportatori, commessi viaggiatori, addetti alla circolazione stradale, ecc.) e 276 quelli in itinere, ovvero sul percorso casa lavoro e viceversa, accaduti prevalentemente su strada. Un dato particolarmente importante quest'ultimo se si tiene presente che alcuni Paesi dell'Europa a 15 (Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito e Portogallo) non rilevano gli infortuni in itinere e che tra questi, Irlanda e Regno Unito, non registrano neppure quelli stradali occorsi durante l'esercizio dell'attività lavorativa.

Infortuni sul lavoro, in otto anni decremento del 14,5%. Sono 874.940 gli infortuni sul lavoro denunciati all'INAIL per l'anno 2008. Alla data di rilevazione ufficiale del 30 aprile 2009 si registrano circa 37.500 casi in meno rispetto ai 912.410 dell'anno precedente, con una flessione di 4,1 punti percentuali, nettamente superiore al -1,7% registrato tra il 2007 e il 2006. Anzi, se si tiene conto dell'incremento dello 0,8% del numero degli occupati rilevato dall'Istat, il miglioramento reale, in termini relativi, sale ulteriormente raggiungendo il 4,8%.   Come per gli infortuni mortali, il calo registrato nel 2008 non fa che confermare il trend decrescente degli ultimi otto anni: in questo periodo le denunce di infortunio sono scese infatti del 14,5%, che vuol dire quasi 150mila infortuni in meno rispetto ai 1.023.379 del 2001. Il dato assume ancora più rilievo se si considera che, nello stesso arco di tempo, l'aumento occupazionale ha registrato un +8,3%. Alla luce di questo fattore, la flessione del 14,5% raggiunge il 21,1%: si è passati cioè da circa 47 denunce di infortunio ogni 1.000 occupati nel 2001 a circa 37 denunce nel 2008.

Industria: incidenti in calo dell'8,2%. Quanto ai rami di attività, gli infortuni sul lavoro denunciati all'INAIL nel 2008 sono stati 53.278 in Agricoltura, 367.132 nell'Industria e 454.530 nei Servizi. In particolare il decremento di eventi infortunistici è stato più sostenuto nell'Industria (-8,2%) e in Agricoltura (-6,9%), mentre resta sostanzialmente stabile nei Servizi (-0,1%). Un calo significativo si è poi registrato in due settori fondamentali dell'Industria: Costruzioni (per un totale di 89.254 casi nel 2008 e un decremento del 12,4% rispetto al 2007) e Metalmeccanico (79.848 casi nel 2008 pari a una riduzione del 10,6%). Per quanto riguarda i Servizi va segnalato, invece, l'incremento del 21,7% degli infortuni che hanno colpito il personale addetto ai servizi domestici (colf e badanti), un settore in forte e continua crescita con una rilevante componente di occupati di origine straniera: quasi tre infortuni su quattro colpiscono, infatti, persone nate all'estero.

Il Nord industriale l'area più interessata. Dal punto di vista territoriale la riduzione degli infortuni osservata nel 2008 rispetto al 2007 ha riguardato praticamente tutte le regioni, ad eccezione della Valle d'Aosta (+3,9%) che, tuttavia, presenta un numero di casi molto limitato (2.484). Il 61% degli infortuni è concentrato nelle aree del Nord a maggiore densità occupazionale: in particolare Lombardia (149.506 casi), Emilia Romagna (123.661) e Veneto (104.134), che insieme assommano oltre il 43% degli eventi infortunistici denunciati nell'intero Paese. Dal punto di vista dell'età, infine, gli infortuni sul lavoro sono scesi dai 350mila circa del 2007 agli oltre 320mila del 2008 (-8%) per i giovani fino a 34 anni, mentre per i casi mortali le flessioni più consistenti (-16%) riguardano le classi di età dai 50 anni in su.

Italia maglia nera in Europa? Un mito da sfatare. Paese che vai usanza che trovi. Un vecchio adagio popolare che non risparmia neppure i criteri di rilevazione degli infortuni e ci aiuta a sfatare l'idea che l'Italia detenga il triste primato in Europa per incidenti sul lavoro e morti bianche. Secondo l'ultima rilevazione resa disponibile da Eurostat, che tiene conto degli incidenti con assenze dal lavoro di almeno 4 giorni e non contempla gli infortuni in itinere (ovvero quelli sul percorso casa lavoro e viceversa), il nostro Paese non è affatto maglia nera in Europa. Nel 2006, ultimo anno disponibile, l'Italia ha infatti registrato un indice infortunistico pari a 2.812 infortuni per 100mila occupati, inferiore alla media delle due aree UE (3.469 per l'Area-Euro e 3.013 per l'Europa a 15), collocandosi per tasso di incidenza al di sotto di importanti Paesi come Spagna, Francia e Germania.

Stesso discorso per gli infortuni mortali, dalla cui rilevazione l'Eurostat esclude quelli in itinere e quelli dovuti a incidenti stradali nel corso del lavoro, in quanto non registrati da tutti i Paesi. Anche in questo caso, infatti, con 2,9 decessi per 100mila occupati nel 2006 l'Italia, pur presentando un indice leggermente superiore alla media UE, si pone al di sotto di grandi Paesi come Portogallo, Austria, Grecia, Spagna e Francia. E il dato risulta ancora più significativo se si tiene conto che - dal punto di vista delle morti sul lavoro -  il 2006 rappresenta per il nostro Paese un anno sfavorevole e in controtendenza. C'è da considerare, peraltro, come il fenomeno si è poi sensibilmente ridimensionato, in virtù dei dati relativi ai casi mortali del 2007 e del 2008.   La raccomandazione che giunge dall'Europa, dunque, è quella di tenere conto dei differenti criteri di rilevazione adottati dai vari Paesi, utilizzando tassi di incidenza standardizzati. I criteri utilizzati, infatti, possono essere estremamente diversi e, da questo punto di vista, l'Italia appare tra i Paesi più completi. Per esempio alcuni Paesi membri come Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia, non disponendo di un sistema assicurativo specifico, non sono in grado di fornire dati completi ma presentano, come rileva Eurostat, " livelli di sottodichiarazione compresi tra il 30% e il 50% del totale". Invece Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito e Portogallo non rilevano gli infortuni in itinere e, in particolare, Irlanda e Regno Unito neppure quelli stradali che si sono verificati durante l'attività lavorativa. Altri Paesi escludono dalle rispettive statistiche i lavoratori autonomi in maniera totale (Belgio, Grecia, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Irlanda) o parziale (Germania, Spagna, Austria, Finlandia). In altri casi, poi, vengono esclusi in tutto o in parte alcuni importanti comparti economici, come l'Amministrazione pubblica, l'Estrazione di minerali e parti del settore Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni. Importanti disomogeneità sono, infine, presenti nelle procedure di registrazione dei casi mortali: in Germania, per esempio, vengono presi in considerazione solo i decessi avvenuti entro 30 giorni dall'evento infortunistico, contro i 180 giorni italiani.

Malattie professionali, in due anni +11%. Sono quasi 30mila (per l'esattezza 29.704) le denunce di malattie professionali pervenute all'INAIL nell'anno 2008 per il riconoscimento e l'eventuale indennizzo di una patologia insorta durante l'attività lavorativa. Si tratta di circa 1.000 denunce in più (3,2%) rispetto all'anno 2007 che aveva registrato a sua volta un aumento di ben 2mila casi (+7,4%) in confronto con il 2006. Nel giro degli ultimi due anni, dunque, le patologie denunciate all'INAIL sono cresciute di ben 3mila casi, vale a dire di 11 punti percentuali. Un incremento verosimilmente dovuto all'emersione del fenomeno e alla maggiore sensibilità verso un problema troppo spesso sottovalutato piuttosto che a un peggioramento delle condizioni di salubrità negli ambienti di lavoro.   La maggior parte delle malattie professionali denunciate nel 2008 riguardano l'Industria e i Servizi, gestione che da sola assomma il 93% dei casi di tecnopatia. In particolare sono 27.539 le patologie denunciate nell'Industria e Servizi, 1.817 in Agricoltura e 348 tra i dipendenti del conto Stato. Nel 2008, inoltre, l'incidenza delle malattie non tabellate (ovvero quelle patologie per le quali è richiesto al lavoratore l'onere della prova del nesso causale con l'attività lavorativa svolta) ha raggiunto l'86% di tutte le denunce, contro il 79% del 2004. Questa percentuale, poi, aumenta ancora per l'Agricoltura, dove si attesta al 94% del totale delle denunce.

Le patologie più diffuse. L'ipoacusia e sordità si conferma come prima malattia professionale per numero di denunce, con un'incidenza che però diminuisce di anno in anno, passando dal 30% (circa 7.500 casi) al 20% del totale nel 2008 (circa 5.700 casi). Sono infatti altre le patologie emergenti, in particolare quelle che colpiscono l'apparato muscolo-scheletrico: le denunce per tendiniti (oltre 4mila nel 2008) e le affezioni dei dischi invertebrali (circa 3.800) sono più che raddoppiate negli ultimi cinque anni. Numericamente rilevanti sono poi anche le denunce per artrosi (circa 1.900 casi) e per sindrome del tunnel carpale (circa 1.500).

Restano inoltre ancora oggi significative l'asbestosi (circa 600 casi l'anno), patologia che presenta periodi di latenza di anche quaranta anni e che secondo le stime raggiungerà il picco di manifestazione intorno al 2025 e la silicosi (quasi 300 casi nel 2008), caratterizzata da una tendenziale contrazione nel corso del quinquennio 2004-2008. Una particolare importanza stanno infine assumendo i disturbi psichici lavoro-correlati, che nell'ultimo quinquennio hanno avuto una consistenza numerica pari a circa 500 casi l'anno, di cui larga parte individuati come " mobbing". Infine, tra i primi posti in graduatoria risultano i tumori con 2mila denunce pervenute nel 2008: un fenomeno in crescita e non ancora pienamente rappresentato dai numeri.

Stranieri, più incidenti dei loro colleghi italiani. Nel 2008 gli stranieri assicurati all'INAIL hanno superato quota 3.266.000: si tratta del 6% in più rispetto all'anno precedente e del 41,9% in più rispetto al 2004, quando i lavoratori immigrati erano poco più di 2,3 milioni. Tuttavia, a fronte dell'aumento occupazionale del 6%, l'incremento degli infortuni tra lavoratori stranieri nel corso del 2008 è stato solo del 2%, passando dai 140.785 incidenti sul lavoro del 2007 ai 143.561 del 2008. Risulta invece sostanzialmente invariato il numero degli infortuni mortali, che nel 2008 rimangono intorno ai 180 casi. Gli immigrati però continuano a presentare un'incidenza infortunistica più elevata rispetto a quella dei loro colleghi italiani: 44 casi denunciati all'INAIL ogni 1.000 occupati contro i 39 dei lavoratori autoctoni.   Sempre nell'anno 2008 gli eventi infortunistici occorsi a lavoratori stranieri hanno rappresentato il 16,4% del totale. Poco meno del 96% degli infortuni (per l'esattezza 137.223) si è verificato nel settore dell'Industria e Servizi, contro il 90% per il totale dei lavoratori. In particolare prevale il peso delle attività di tipo industriale, in primo luogo le Costruzioni che con 19.719 denunce rappresentano il 13,7% di tutti gli infortuni riguardanti i lavoratori stranieri. Questo settore, inoltre, detiene anche il primato degli infortuni mortali tra gli immigrati: ben 43 nel 2008, che equivale a 1 decesso su 4 tra tutti quelli segnalati all'Istituto. Venendo al personale domestico appare invece significativo che 72 infortuni su 100 abbiano colpito lavoratori di origine straniera, quasi sempre colf o badanti di sesso femminile. Sono infine Marocco (22.519 denunce di infortunio), Romania (21.400) e Albania (14.746) i Paesi che ogni anno denunciano il maggior numero di infortuni, totalizzando nel complesso ben il 41% degli incidenti sul lavoro e il 50% dei casi mortali.

Circolazione stradale, la metà degli infortuni mortali avviene sulla strada. Degli 874.940 infortuni sul lavoro denunciati all'INAIL nel 2008 ben 50.861 sono stati causati da circolazione stradale in occasione di lavoro e 97.201 sono avvenuti in itinere. In altre parole quasi il 6% (5,8% per l'esattezza) degli incidenti ha riguardato autotrasportatori, commessi viaggiatori, addetti alla manutenzione stradale, ecc. nel pieno esercizio della loro attività lavorativa e oltre il 10% (precisamente l'11,1%) si è verificato sul percorso casa lavoro e viceversa, e nella stragrande maggioranza dei casi è stato causato da circolazione stradale.   Gli infortuni sulla strada, inoltre, rappresentano oltre la metà degli incidenti mortali avvenuti nel 2008: ben 611 su 1.120. Per la precisione 335 sono stati quelli provocati da circolazione stradale in occasione di lavoro e 276 quelli in itinere, avvenuti prevalentemente su strada

Fini: " L'infortunio sul lavoro non è mai una fatalità"

24 giugno 2009. Il presidente della Camera, introducendo la presentazione del Rapporto Annuale 2008 dell'INAIL, ha puntato il dito sulle inadempienze e i forti ritardi culturali della geografia e della configurazione del tessuto culturale italiano. Sacconi: " A un approccio formalistico e burocratico preferiamo quello per obiettivi"

ROMA - " L'infortunio sul lavoro non può essere considerato come una fatalità che irrompe all'improvviso e quasi casualmente nella vita lavorativa". Introducendo la presentazione del Rapporto annuale 2008 dell'INAIL illustrata da Marco Fabio Sartori, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha ricordato che farsi male durante lo svolgimento dell'attività lavorativa non rappresenta " una calamità che viene dall'esterno", bensì " la conseguenza statisticamente prevedibile della condizione in cui si svolge e si organizza il lavoro". Fini ha poi puntato il dito sulle inadempienze e i forti ritardi culturali della geografia e della configurazione del nostro tessuto imprenditoriale, sintetizzabili " nella mancata applicazione della normativa antinfortunistica, nell'incapacità di assicurare aggiornati programmi formativi per la prevenzione degli incidenti, nei salari non sempre adeguati al costo della vita e nella sottovalutazione del ruolo di denuncia dei sindacati".

Certo, già molto è stato fatto, ha aggiunto la terza carica dello Stato, " ma molto resta ancora da fare, in primo luogo nel Mezzogiorno, per garantire il rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro". Così soprattutto ora che la crisi economica tende a favorire il ricorso al sommerso " occorre mettere la Pubblica Amministrazione nella condizione di fare di più, potenziando le relative risorse umane così da assicurare il pieno rispetto della normativa sugli infortuni attraverso l'attuazione di costanti verifiche presso i luoghi di lavoro e non soltanto attraverso controlli di tipo documentale". In conclusione, ha dichiarato Fini, " sono sicuro che con il concorso di tutti, delle forze sociali, di tutte le componenti del mondo della produzione e del lavoro, di tutte le istituzioni, potremo garantire più alti livelli di prevenzione e di tutela".

" Il nostro paese ha bisogno di nuova cultura della sicurezza che punti soprattutto sulla prevenzione", è stato, invece, il commento del ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. " La possibile soluzione del problema è tutta di ordine sostanziale e non formale", ha detto l'esponente del governo, sottolineando l'importanza dei comportamenti " concreti e quotidiani". Riguardo al decreto correttivo del testo unico sulla sicurezza, il ministro ha ribadito la volontà dell'esecutivo di superare " un approccio meramente formalistico e burocratico" a favore di " un approccio per obiettivi" che determini " il superamento di una cultura meramente sanzionatoria". " Stiamo valutando con attenzione la proposta proveniente dal settore edile di uno strumento che consenta la continua verifica dell'idoneità delle imprese e dei lavoratori autonomi", ha proseguito il ministro, " valutate sulla base delle violazioni alle disposizioni di legge con riferimento a provvedimenti impartiti dagli organi di vigilanza". Si tratterebbe di una sorta di " patente a punti" che operi per mezzo dell'attribuzione alle imprese di un punteggio iniziale " che misuri il tasso di idoneità soggetto a decurtazioni a seguito di accertate violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro". L'azzeramento del punteggio potrà determinare l'impossibilità per l'impresa di svolgere attività nel settore dei cantieri edili.

Aggiornata il 16 maggio 2013