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Terza dose nelle case di riposo. Di Prima: «Indietro non si torna»

MESSAGGERO VENETO

3 novembre 2021

Il direttore generale dell'Asp Umberto I fa il punto sulla pandemia «Abbiamo vissuto momenti drammatici, oggi siamo ottimisti»

L'INTERVISTA ENRI LISETTO «Non abbiamo mai perso la speranza, nemmeno nei momenti più difficili e dolorosi della pandemia. Anzi, siamo stati arrabbiati contro il virus, carichi di energia per combatterlo. Siamo stanchi sì, ma anche molto fiduciosi: con la terza dose riapriremo le strutture ai parenti e torneremo alla quasi normalità». Giovanni Di Prima è direttore generale della Asp Umberto I di Pordenone - Azienda per i servizi alla persona che dal 2016 comprende le case di riposo di piazza della Motta e via Revedole (Casa Serena), 360 posti che con la Quiete di Udine e l'Itis di Trieste è annoverata tra le tre "big" del Friuli Venezia Giulia - nonché coordinatore tecnico delle case di riposo che aderiscono a Federsanità Anci Fvg,

22 strutture e 8 comunali.
Direttore, com'è la situazione nelle case di riposo?
«Variegata. Tendenzialmente registriamo un ampio ritorno alle attività precedenti la pandemia, sotto il profilo dell'animazione e dell'aggregazione, pur con la dovuta prudenza. Sono riprese anche la celebrazione delle messe e le feste di compleanno. Tutto questo grazie alla seconda dose di vaccino e al crollo dei contagi. Da diversi mesi non ne registriamo».
Però l'ingresso dei familiari nelle case di riposo non è ancora completamente libero. «I familiari - che prima della pandemia a parte i vani tecnici potevano sostanzialmente girare dappertutto - sono tornati nei giardini e negli spazi comuni al piano terra, con mascherina, rispettando il distanziamento e contatto permesso soltanto tra familiare e ospite entrambi vaccinati, mentre l'ingresso è ancora vietato negli spazi comuni ai piani e nei reparti».
In lei traspare ottimismo, ma i contagi sono in ripresa.
«Siamo preoccupati perché assistiamo a un incremento dei contagi, ma non nelle case di riposo affiliate a Federsanità. Potrebbe essere una questione di tempo, ma al momento non c'è criticità».
Se la situazione dovesse cambiare?
«Ci troveremo davanti a un bivio: riattivare i nuclei Covid o gestire l'evento come una influenza a fronte della copertura vaccinale. Non abbiamo ancora indicazioni dall'Asfo e dalla Regione. Ma il problema non è tanto questo».
Qual è?
«A differenza del 2020 - inizio 2021, il vero problema è la totale carenza di personale infermieristico che non permette di attivare i nuclei Covid composti da infermieri che poi possono lavorare soltanto lì per evitare una ipotetica diffusione del virus. Prima avevamo i numeri per scorporare il personale, adesso no».
Cosa è cambiato in pochi mesi?
«Non c'è personale. Qualche unità l'abbiamo persa perché non vaccinata. Non si trovano infermieri: le strutture sanitarie-ospedaliere sono più appetibili e hanno pescato infermieri per sopperire alla carenza di personale uscito perché non vaccinato. Permane una carenza strutturale del mercato del lavoro, un imbuto formativo che la pandemia non ha risolto. La domanda è tanta, ma l'offerta universitaria è poca. Teniamo presente che, se dovessimo prendere per mano oggi questa situazione, ci vorranno almeno tre anni di formazione per registrare un'inversione di tendenza. Nel 2021 non si è allargato l'imbuto, come se non avessimo imparato nulla dalla pandemia. E molti infermieri peraltro sono impegnati nella campagna vaccinale e a fare tamponi».
Torniamo al vaccino. L'Umberto I è stata la prima struttura in regione, era il 5 gennaio, a somministrare la prima dose agli ospiti. A metà febbraio si era completato il ciclo. Vi sono certezze sul "richiamo"?
«Siamo in contatto con la Direzione regionale della sanità. Prende corpo la volontà di somministrare la dose booster e l'antinfluenzale insieme, ma non è chiaro chi lo farà: i medici di medicina generale (sembra l'intenzione di Asfo), gli infermieri delle case di riposo (ma con questi numeri è impossibile fare da soli), gli infermieri e i medici dei distretti.
Venerdì Asfo ci ha invitati a raccogliere i consensi per la terza dose, quindi ritengo che si stia per partire».
Cosa cambierà dopo?
«La terza dose permetterà di aprire ulteriormente ai familiari. La presenza delle famiglie in struttura è terapeutica, abbiamo bisogno di loro nei reparti».
Un primo bilancio della pandemia?
«Tra il 2020 e oggi abbiamo registrato tre focolai di cui due contemporaneamente, un centinaio di contagiati su 368 ospiti e purtroppo anche dodici decessi. È stato un momento drammatico, ma non abbiamo mai perso la speranza».
E ora?
«Non credo si tornerà indietro. La seconda dose ha bloccato la diffusione del virus nelle case di riposo tanto che da aprile a oggi non abbiamo più avuto contagi. Con la terza dose riapriremo e torneremo alla quasi normalità». –

Aggiornata il 3 novembre 2021