Federsanità ANCI FVG
Federsanità ANCI FVG
Chiudi

Notizie

La nuova sanitÀ della devolution: verso 20 sistemi regionali diversi presentato a europ.a. 2005 il rapporto oasi 2004 nel lazio il disavanzo maggiore: 510 milioni di euro. diminuiscono gli ospedali e i posti letto. critiche all’aziendalizzazione: i medici

27 giugno 2005

 

Dal Servizio sanitario nazionale a 20 sistemi regionali, uno diverso dall’altro. Sembra es-sere questa la tendenza della sanità italiana, cui si accompagnano i processi di azienda-lizzazione delle singole strutture, pur incontrando sempre maggiori resistenze da parte dei professionisti. A raccontare questo mondo in trasformazione è il Rapporto Oasi 2004 su “L’aziendalizzazione della sanità in Italia”. La ricerca, realizzata dall’Osservatorio a-ziende sanitarie italiane (Oasi) del Cergas Bocconi, è stata presentata oggi a EuroP. A., il Salone delle autonomie locali in corso a Rimini, presso la Fiera, fino a sabato 25 giugno.

Tema centrale del Rapporto Oasi 2004 è la progressiva regionalizzazione della sanità, legata al federalismo fiscale e alla modifica del Titolo V della Costituzione. “I processi di decentramento – spiega la ricercatrice Elena Cantù, coordinatrice di Oasi – stanno por-tando ad avere tanti servizi sanitari regionali, ognuno con caratteristiche proprie”. Cam-bia anche il modo in cui le Regioni interpretano il proprio ruolo: “All’inizio volevano, al-meno alcune, essere semplici enti regolatori del sistema, facendo operare le aziende in un regime di quasi-mercato. Oggi stanno sempre più assumendo il ruolo di ‘capogruppo’ del sistema sanitario regionale, accentrando numerose funzioni, a partire dalle decisioni strategiche per arrivare ad attività amministrative come l’acquisto di beni. Stanno quindi erodendo l’autonomia delle singole aziende, riassumendo nelle proprie mani la pro-grammazione e il controllo dei finanziamenti”. A dimostrarlo è il tendenziale incremento della quota di fondo sanitario regionale distribuita non in base a meccanismi automatici, come la quota capitaria e le tariffe, ma a criteri discrezionali delle Regioni: nel 2003 è arrivata intorno al 10 per cento del fondo, ed è in continua crescita.

La nuova pressione del livello regionale sulle singole aziende sanitarie ha comun-que prodotto un abbattimento del disavanzo. Nel 2001 ammontava (per le 20 Re-gioni italiane) a 4.004 milioni di euro, nel 2003 è sceso a 1.826 milioni (per una quota pro capite di 31 euro). Il debito maggiore è del Lazio (510 milioni), seguito da Campania (457), Piemonte (234), Sicilia (178) e Veneto (168). Con disavanzo pari a zero, o addirittura con il segno più, sono la Lombardia, la Puglia e la Basilicata.

L’attenzione delle Regioni all’equilibrio economico-finanziario è testimoniata – come mostra il Rapporto – anche dagli interventi diretti su strutture sanitarie e ospedali. Vi è una generale riduzione di strutture di ricovero (da 1068 nel 1995, a 705 nel 2002) e dei posti letto per degenza ordinaria (da 357 mila nel 1995, a 258 mila nel 2002), mentre aumentano i posti letto in day hospital (da 15 mila nel 1995, a 26 mila nel 2002). Nel 2002 la dotazione complessiva di posti letto era di 4,44 per mille per i malati acuti, e di 0,53 per mille per quelli non acuti. Riguardo i ricoveri, nel periodo 1998-2002 il Rapporto segnala il costante incremento dei ricoveri in day hospital, e la progressiva riduzione della degenza media per acuti in regime ordinario (6,7 giorni nel 2002).

Un altro tema affrontato nel Rapporto è il conflitto in atto tra le aziende e i professionisti della sanità riguardo il processo di aziendalizzazione che ha segnato le riforme degli anni novanta. “È in corso – riprende Cantù - un rigetto di questi processi. Il personale sanitario sta mettendo seriamente in discussione la gestione manageriale, accusata di occuparsi soltanto di tagli e riduzioni di spese, di ledere l’autonomia dei professionisti, di aver aggravato il carico burocratico”. La nuova tendenza è quella del ‘governo clinico’: togliere potere ai manager per restituirlo ai medici. Per Oasi, conclude Cantù, “può essere una soluzione praticabile, a patto di evitare un rischio: che il ‘governo clinico’ rafforzi ulteriormente la nota tendenza dei professionisti a identificarsi con soggetti e gruppi professionali esterni all’azienda di appartenenza, riconoscerne l’autorità, adottarne gli standard di comportamento, senza considerare l’impatto sul funzionamento interno”.

 

Aggiornata il 16 maggio 2013