«Io, col coronavirus tengo un registro per aiutare chi vivrà questo dopo di me»
9 marzo 2020
Quando il medico gli ha detto «lei è positivo al coronavirus», Denis Caporale, il direttore dei servizi socio-sanitari dell'Azienda sanitaria del Friuli Centrale, ha pensato «il virus può anche uccidere». Ma poi si è confrontato con il personale del distretto di Prevenzione e il direttore della clinica Malattie infettive, Carlo Tascini, è ha capito che la maggior parte dei contagiati dal Covid-19 guarisce.
A quel punto non ne ha fatto un dramma. Dall'isolamento Caporale lavora nonostante la febbre dei primi giorni e tiene un registro in cui annota giorno per giorno sintomi e progressi: «Voglio essere d'aiuto a chi dopo di me - spiega - si troverà a vivere la mia stessa esperienza che, ripeto, non è drammatica. Su questo voglio tranquillizzare tutti».Caporale non avrebbe voluto rivelare al mondo che lui è uno dei contagiati dal coronavirus in Friuli Venezia Giulia, non avrebbe voluto farlo per tutelare i familiari, ma essendo un personaggio pubblico non si è sottratto. «Sui social si legge tutto e il contrario tutto, ma nessuno dice quanto dura la febbre e quali sono gli altri sintomi. Ecco perché ho deciso di registrare le informazioni sul mio stato di salute». Caporale compila ogni giorno il suo registro o diario, chiamiamolo come più ci aggrada, nella casa dove vive con la moglie che al momento non risulta positiva, e dove la madre gli lascia la spesa sulla finestra per evitare il contatto. «I primi tre giorni ho avuto febbre, oggi è sparita. Mi sono rimasti la tosse e i dolori muscolari simili a quelli che provoca l'influenza. Non ho problemi respiratori». Al telefono il direttore racconta la sua quarantena con dovizia di particolari e si dice preoccupato solo per «la strumentalizzazione e lo sciacallaggio che trovano spazio sui social pur sapendo che il positivo è dietro l'angolo». Caporale continua a fare la vita di sempre, telefona, organizza, lavora. «Lofaccio da casa per l'azienda che rappresento sperando di guarire velocemente, in una quindicina di giorni». Il suo pensiero va ai suoi collaboratori, contagiati pure loro, che hanno deciso di restare in isolamento all'interno dell'ospedale per continuare a lavorare e a fronteggiare l'emergenza in atto. «Gli sono vicinissimo - afferma - la loro situazione è peggio della mia perché vivono la quarantena in condizioni diverse dalle mie».Detto questo, il direttore si sofferma sulle modalità in cui avviene il passaggio tra le persone del virus che ancora non conosciamo in tutti i suoi aspetti. «Non è sufficiente incontrarsi per strada, il contatto deve protrarsi per alcune ore, magari con una stretta di mano. Bisogna chiarire questa cosa per evitare che ci siano fraintendimenti».
Caporale lo ripete esprimendo un sentito «grazie» al personale del dipartimento di prevenzione che valuta con attenzione caso per caso, così come il professor Tascini che contatta personalmente i pazienti. «Mi sono rimasti molti vicini anche il personale della direzione centrale con l'assessore Riccardi, tutto questo - insiste Caporale - mi rassicura molto». Il direttore, come tutti i contagiati, segue alla lettera le raccomandazioni contenute nella brochure ricevuta dal dipartimento di Prevenzione sull'organizzazione dell'abitazione durante l'isolamento: «Anche se continuo a lavorare, la mia vita è cambiata, trascorrere 14 giorni chiuso in casa non è la migliore delle situazioni. Da mia madre ricevo quello che mi serve dalla finestra e vedo solo chi è in quarantena». Alla luce di questa esperienza, il direttore dei Servizi socio-sanitari dell'Azienda Friuli centrale invita tutti a pensare positivo, «siamo un popolo che ha sempre reagito e lo faremo anche in questa occasione, dobbiamo - conclude - pensare al futuro».
Aggiornata il 9 marzo 2020