Federalismo fiscale: costi standard al via dal 2013 con tre regioni benchmark. il cdm approva lo schema di decreto
7 ottobre 2010
I costi standard per le spese di asl e ospedali scatteranno dal 2013 e a fare da benchmark saranno tre regioni scelte in una rosa di cinque con i conti in ordine (se mai ci saranno) e qualità di servizi nel 2011. Una scelta che avrà necessariamente anche una forte connotazioni politica, non soltanto frutto delle migliori " virtuosità", con le compensazioni tra il dare e l'avere che a suo tempo saranno concordate con i governatori.
Il governo avanza anche sul federalismo fiscale per la sanità e, a dispetto delle previsioni e degli accordi, presenta in un solo decreto la rivoluzione dell'autonomia impositiva regionale e quella dei costi standard in sanità. Un passo in avanti del tutto inatteso per le regioni, quello di unificare in un solo testo le due materie e, soprattutto, di anticipare subito anche i costi standard sanitari. Una «corsa a bruciare i tempi, incomprensibile e che rischia di fare solo danni», ha commentato il rappresentante dei governatori Vasco Errani.
Le attese (o le speranze) regionali, dopo il vertice di martedì con Tremonti e Calderoli, erano infatti di continuare un confronto serrato almeno per un'altra settimana sulla sanità. A far premio nella scelta a sorpresa del governo, ha insistito il premier in conferenza stampa, la necessità di garantire «servizi pubblici e costi uguali dal nord al sud» e di colpire una volta per tutte gli sprechi. La spesa sanitaria, non a caso, è la prima indiziata.
Anche se finora nessuno dei rilievi dei governatori, tanto meno di quelli del sud, è stato accolto. La via scelta dal governo, sotto la spinta del Carroccio, è stata di tirare dritto e di non infilarsi in discussioni tecniche che, al di là della loro ragionevolezza, avrebbero rischiato di impantanare la rivoluzione federale in sanità. Già questa mattina, del resto, il parlamentino dei presidenti, leghisti a parte, non mancherà di protestare, proprio prima della conferenza unificata col governo.
La versione dei costi standard ricalca alla lettera il testo inviato alle regioni poco più di una settimana fa. Con la significativa novità - nella parte sull'autonomia impositiva regionale - dell'istituzione dal 2014 di un Fondo perequativo di solidarietà tra le regioni per il finanziamento integrale della sanità, ma anche di istruzione, assistenza sociale e trasporto pubblico locale.
Le tre regioni benchmark saranno scelte in conferenza stato-regioni tra le cinque (indicate dal ministero della Salute di concerto con l'Economia) che nel 2011 avranno garantito l'erogazione dei Lea (livelli essenziali di assistenza) «in condizione di equilibrio economico», che saranno in regola ai tavoli di verifica sui conti col governo e che rispetteranno i criteri di «qualità, appropriatezza ed efficienza» che arriveranno con un prossimo decreto concordato da governo e regioni al quale sta lavorando il ministero della Salute. Nelle tre regioni scelte come " modello" dovrà esserci in ogni caso la migliore, e se non ce ne saranno 5 in regola, il benchmark terrà conto del «miglior risultato economico» realizzato nel 2011 «depurando i costi della quota eccedente rispetto a quella che sarebbe stata necessaria a garantire l'equilibrio».
Tra le tre Regioni che dovranno rappresentare il modello nel rapporto tra qualità dei servizi e spesa sanitaria nell'ambito del decreto del federalismo fiscale sui costi standard della sanità «è possibile che ce ne sia anche una del meridione», ha spiegato ministro della Salute Ferruccio Fazio, sottolineando che in base alle norme approvate questa ipotesi è possibile. «Credo - aggiunge il ministro della Semplificazione Roberto
Calderoli, anche lui presente alla conferenza stampa - che ragionevolmente potrebbero essere rappresentati da una Regione del Nord, una del Centro e una del Sud».
Le regioni non condividono il metodo scelto dal Governo di presentare in consiglio dei ministri oltre al preannunciato decreto sul federalismo fiscale anche quello sui costi standard della sanità. Lo ha detto il presidente della conferenza delle Regioni Vasco Errani nel corso di una conferenza stampa convocata durante una pausa della riunione di oggi del parlamentino di via Parigi. «48 ore fa con il Governo avevamo definito un percorso di lavoro che non prevedeva la riunificazione dei decreti, in quanto quello sui costi standard non lo avevo ancora discusso con l'esecutivo». critiche quelle di Errani che si vogliono distanziare dal giudizio complessivo sul decreto sulla fiscalità locale: «In alcuni punti questo testo va incontro alle richieste avanzate da noi lunedì al governo durante l'incontro di via XX Settembre». le regioni sanno che resta fondamentale la definizione dei lea e dei lep. dati che determinano fortemente la dimensione del fabbisogno. secondo punto é quello sulla manovra: «Abbiamo aperto due tavoli - ha ricordato errani -. un fatto positivo, ma l'incrocio tra manovra e federalismo fiscale é decisivo».
terza raccomandazione espressa dal presidente della conferenza é quello dell'autonomia delle Regioni e delle province autonome che deve essere mantenuta.
«Al di là del metodo che ci ha fatto trovare impreparati, abbiamo deciso di andare avanti con convinzione, riconoscendo il lavoro fatto sulla fiscalità. Non é un passaggio che vale poco», ha detto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. «Se il Governo ci fa recuperare pochi giorni, tra il passaggio del Consiglio dei ministri e la conferenza Stato-Regioni, saremo in grado di trovare soluzioni anche sul decreto che riguarda i costi standard della sanità - ha spiegato -. Avevamo chiesto di potere valutare il testo in un secondo momento ma ci é stato detto che era complicato per il Governo portare in commissione bicamerale i due testi separati. Penso, però, che avremo del tempo per recuperare».
«Le Regioni hanno dimostrato di aver accettato lealmente e per intero la sfida del federalismo, mentre il Governo sembra essere combattuto tra la costruzione di un modello di Stato equo e che funzioni e l'esigenza di rifornire di consenso un partito importante della maggioranza che è la Lega. Questo ci preoccupa molto perchè nasconde molte delicate questioni». È questo il commento del presidente della Regione Basilicata e membro dell'ufficio di presidenza della Conferenza delle Regioni, Vito De Filippo, al testo del decreto legislativo. «Le Regioni - spiega - vogliono veramente un federalismo equo e solidale. Il Governo, intanto, ci incontra, concorda un metodo e poi, per contingenti e non nobili esigenze politiche, accelera e mette insieme materie complesse, autonomia finanziaria delle Regioni, delle Province e costi standard nella sanità, come si evince alla sola lettura del titolo del decreto legislativo stesso. Eppure, nei fatti, lo stesso Governo ha riconosciuto l'importanza del confronto con le Regioni, recependo alcune indicazioni emerse in materia fiscale, quella su cui c'è stato un confronto approfondito. È stata meglio definita la perequazione delle materie fondamentali (sanità, assistenza, istruzione e trasporti), viene meglio chiarito il tema delle compartecipazioni Iva e Irpef rispetto alla precedente versione ma - conclude il governatore - restano sullo sfondo la definizioni del Lea (i livelli essenziali di assistenza in materia sanitaria) e Lep (i livelli essenziali di prestazione in materia socio assistenziale)».
«Comincia a delinearsi l'impianto del federalismo che, dopo l'incontro che ritengo proficuo, di martedì scorso, è più coerente con la legge 42». Lo ha detto Romano Colozzi, coordinatore degli assessori regionali al Bilancio e assessore in Lombardia. «Rimangono però - ha aggiunto l'assessore - i punti critici sui Livelli essenziali di assistenza, la manovra e l'incrocio di tutto questo con il patto di stabilità. Bisogna capire quali sono le risorse».
«Ci troviamo di fronte un atteggiamento metodologicamente assai scorretto», ha commentato il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. «Sono stati allestiti tavoli tecnici, ci sono state discussioni e concertazioni e poi - ha rilevato l'esponente della sinistra - ci sono testi che non rispecchiano gli impegni presi, perché uno dei due tavoli era sui costi standard e invece ci é stato scodellato un testo che li contiene». Il presidente della Regione Puglia ha sottolineato che «c'é un'accelerazione che produce una certa sciatteria; tutte le Regioni, anche quelle di più antica fede federalista, esprimono sconcerto per alcuni passaggi oscuri e confusi. L'accelerazione é una necessità politica ma rischia di produrre danni», ha proseguito Vendola rilevando che «la Lega é il dominus di questo Governo, scandisce l'agenda politica, é intenzionata a ottenere per il suo blocco elettorale un attimo prima di staccare la spina». Quanto al Sud, per Vendola si prefigura una «fiscalità di svantaggio» perché molte Regioni meridionali, essendo commissariate per la sanità, non potranno alleggerire l'Irap.
«Temo di dovermi ricredere. Il Consiglio dei ministri non avrebbe tenuto in considerazione i documenti e le proposte della Conferenza delle regioni. Lo schema di decreto approvato dal Governo sul così detto federalismo fiscale, come peraltro evidenziato dalla conferenza delle Regioni stamane, pregiudica gravemente l'autonomia della Regione Siciliana ed è stato assunto in violazione del dialogo aperto dalle regioni con i ministri competenti». Questo il giudizio del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo. «Si apre adesso una fase di confronto serrato tra le Regioni e lo Stato ed in particolare tra la Sicilia ed il Governo. Ma se queste sono le condizioni -avverte Lombardo- ci opporremo in ogni modo al tradimento dei siciliani attraverso un federalismo che li danneggerà. È qualcosa che non possiamo consentire e non consentiremo, costi quel che costi». In particolare Lombardo lamenta che «la legge delega esclude le regioni a statuto speciale dalla gran parte delle disposizioni rinviando la trattativa tra Stato e Regione alle commissioni paritetiche. Il decreto viola questa previsione intervenendo direttamente sulle regioni a statuto speciale comprimendone le entrate ed è quindi palesemente incostituzionale. Si è forzata la mano andando ben al di là degli spazi concessi dalla
Costituzione, dallo Statuto siciliano e dalla stessa delega. Manca la definizione dei livelli essenziali di assistenza e di prestazioni come quello del rapporto con l'ultima manovra approvata. La determinazione dei costi standard in sanità senza parametri adeguati e senza alcun approfondimento».
Nessun rispetto per la «dignità» delle Regioni, e nessuna concretezza sulle ricadute del provvedimento. Così il presidente delle Marche Gian Mario Spacca commenta il timing impresso al decreto sul federalismo fiscale. «L'accelerazione data dal Governo all'approvazione del decreto sul cosiddetto federalismo regionale fiscale, insieme con quello sui costi standard in sanità - dice - sembra rispondere più a una preoccupazione politica interna alla maggioranza (la Lega di Bossi), che alla volontà di avviare un concreto federalismo, capace di rendere efficiente la pubblica amministrazione e migliorare i servizi per i cittadini». «Il decreto è privo di qualsiasi riferimento alle cifre e alle ricadute concrete che le previsioni normative dispongono». «Resta perciò intatta - prosegue il presidente - la nostra preoccupazione non per il 'troppò federalismo' o per il 'veloce' federalismo, quanto per la mancanza di concretezza e di rispetto della dignità delle Regioni e del sistema degli enti locali». «La pretesa di voler definire i costi standard dei servizi senza alcun confronto con le Regioni è assurda». Quanto alle somme, «si confermano purtroppo tutte le drammatiche riduzioni di risorse previste dalla manovra finanziaria di Tremonti».
«Utilizzeremo questi giorni per discutere e le esigenze delle Regioni
saranno contemperate all'interno della Conferenza Unificata», ha assicurato il ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto dopo le critiche di Errani. E il ministro della semplifacazione Roberto Calderoli ha aggiunto che due giorni dopo il primo incontro con le Regioni «abbiamo inviato il testo sui costi standard alla conferenza». «La settimana scorsa c'è stato un rinvio», spiega ancora Calderoli, determinato dal fatto che «gli esperti erano impegnati nei piani di rientro». Poi chiosa: «tutta questa parte (degli incontri informali, ndr) è in più rispetto al confronto formale» in conferenza unificata.
«Ben vengano i costi standard se questi consentiranno realmente di responsabilizzare le Regioni e le aziende nell'utilizzo delle risorse destinate alla sanità», ha commentato Giovanni Monchiero, presidente della Fiaso (la Federazione Italiana aziende sanitarie e ospedaliere. «Attendiamo di conoscere nei dettagli il testo del decreto approvato oggi prima di esprimere giudizi definitivi ma l'auspicio -continua Monchiero- è che siano comunque assicurate le risorse necessarie alle aziende sanitarie per garantire i Livelli essenziali di assistenza fissati per legge».
«Alla più razionale distribuzione delle risorse tra le Regioni - prosegue dovrebbe ora far seguito l'adozione di sistemi trasparenti di ripartizione dei fondi tra le Aziende sanitarie, con criteri capaci di centrare due obiettivi:
Assegnare alle aziende le risorse realmente in grado di soddisfare i bisogni sanitari del territorio che variano da Asl ad Asl. Premiare l'efficienza gestionale in base al principio " ti pago per quello che fai e non per quello che spendi", favorendo lo sviluppo delle aziende sanitarie che riescono ad offrire servizi migliori a costi rapportati al livello delle prestazioni erogate, ed incentivando in modo differenziato il loro personale».
«Il decreto sui costi standard vola verso la sua definitiva approvazione e nonostante sia salutato come la soluzione di tutti i mali che affliggono la sanità italiana, rischia invece di sferrare il colpo definitivo al Servizio sanitario nazionale unico, solidaristico e universale e di sancire definitivamente la frattura dell'Italia in due parti: una con la sanità efficiente e produttiva, un'altra con una sanità povera di efficacia e di sicurezza. Questo il commento del segretario nazionale dell'Anaao Assomed, Costantino Troise. «Dopo la legge 133/2008 con la quale si è ridotto il finanziamento del Ssn per il triennio successivo ben al di sotto del fabbisogno; dopo il patto della salute 2010-2012, con il quale si sono tagliati 10.000 posti letto e si sono ridotte le consistenze organiche del personale del Ssn; dopo la manovra economica del luglio 2010 con la quale si sono tagliati 8,5 miliardi alle Regioni in due anni con una restrizione dell'offerta dei servizi socio-sanitari con le inevitabili ricadute sul Ssn, oggi il federalismo sanitario con la sua parola magica " costo standard" rappresenta l'ultimo atto di una strategia mirata allo smantellamento del servizio sanitario nazionale e pubblico.
In Italia, dove la spesa sanitaria e la sua dinamica di crescita sono inferiori alla media dei paesi OCSE, dove i posti letto, il numero degli ospedali e le giornate di degenza sono inferiori a quelle dei maggiori paesi europei (Francia e Germania su tutti), il ripetersi di manovre economiche, di provvedimenti legislativi e del " mantra" del costo standard, letti nella loro naturale evoluzione, rivelano il vero obbiettivo che è quello di abbandonare la sanità del sud al proprio destino».
«Con il via libera da parte del Governo ai costi standard in sanità
il rischio è che si tamponi temporaneamente un problema che ha radici profonde - dichiara Enzo Paolini, Presidente Nazionale dell'Aiop (Associazione Italiana Ospedalità Privata) -. Ancora una volta si parla di costi e non di prestazioni erogate. Il finanziamento delle Regioni dovrebbe, infatti, avvenire secondo il principio delle prestazioni realmente offerte ai cittadini. In questo modo gli erogatori pubblici e privati all'interno di una competizione virtuosa e un'efficace programmazione sarebbero stimolati a offrire servizi efficienti contenendo le spese e limitando gli sprechi», conclude Paolini. «Una soluzione possibile è rappresentata dal modello sanitario Lombardo, l'unico in Italia dove il finanziamento della spesa pubblica avviene attraverso il sistema tariffario, i famosi Drg, uguali per le strutture pubbliche e per le strutture private - commenta Gabriele Pelissero Vice Presidente dell'Aiop -. Un modello che premia l'efficienza controllando l'appropriatezza delle prestazioni. Estendendo questo modello alle altre Regioni italiane, i letti ospedalieri vuoti, gli ospedali sottoutilizzati e le apparecchiature mediche dimenticate in cantina, non riceverebbero più i soldi dei cittadini che andrebbero destinati invece solo agli ospedali che si impegnano a rispondere alle esigenze dei malati», conclude Pelissero.
Aggiornata il 16 maggio 2013