Da infermiere a manager, il “salto” di Paoletti
17 agosto 2015
“Laboratorio Trieste”: parte da nordest il riconoscimento istituzionale delle nuove competenze e dei nuovi ruoli affidati agli infermieri-manager. Flavio Paoletti, presidente del collegio Ipasvi di Trieste e revisore dei conti della Federazione nazionale Ipasvi, è infatti il primo coordinatore (direttore) sociosanitario-infermiere italiano.
Triestino, classe 1965, Paoletti ha una duplice laurea in Scienze politiche a Trieste e in Scienze infermieristiche e ostetriche all’Università di Firenze. Lo ha nominato, nel luglio scorso, l’Azienda per l’assistenza sanitaria n. 1 Triestina, portando il neo manager Flavio Paoletti a firmare il suo contratto privato, identico a quello dei direttori sanitari e amministrativi e quindi con gli stessi diritti e doveri dei contratti sottoscritti dai professionisti altri, non infermieri. «Molti messaggi arrivano da tutta Italia, e non solo da parte di infermieri, in merito a questa nomina di cui si è occupata la stampa di settore nazionale – racconta Flavio Paoletti -. Certamente una porta importante è stata aperta e di questo devo ringraziare chi crede in una sanità moderna che travalica il “tradizionale”.
Ma c’è di più. Il neo manager è anche inserito nella delibera regionale che riporta l’elenco dei dirigenti abilitati a svolgere il ruolo di direttore generale: «Il mio percorso formativo e di carriera mi ha permesso di maturare i requisiti previsti. Questo non significa dover ricoprire per forza questo ruolo, ma possedere ufficialmente le caratteristiche giuridiche e personali per essere inserito nell’elenco dei potenziali direttori generali».
Infermieri manager, dunque, e quasi di regola laureati. Però la facoltà di Scienze infermieristiche più vicina è a Padova: come si risolve questo gap per i giovani professionisti del “take care” di casa nostra?
«Rispondo come presidente Ipasvi e revisore dei conti della Federazione nazionale: lo scorso mese a Roma abbiamo reso noto un nuovo modello formativo e gestionale della professione infermieristica che si sviluppa sul piano manageriale e su quello clinico. Sempre più a tutti i professionisti è richiesto di sviluppare competenze avanzate e specialistiche. Sono certo che anche la Regione terrà conto di questa evoluzione nella programmazione formativa e nei rapporti con l’università, attivando specifici corsi di laurea e master clinici e organizzativi senza che i professionisti siano costretti ad andare a formarsi in altre regioni, sottraendo molte ore lavoro per la distanza delle sedi formative».
Come presidente Ipasvi ma anche come coordinatore dell’Azienda sanitaria n.° 1 Triestina, quale riorganizzazione auspica?
«La nuova visione della sanità e quindi la direttrice utile per la ristrutturazione degli ospedali e dei servizi, è quella della complessità assistenziale tarata non solo sulle malattie d’organo ma sui bisogni clinico-assistenziali delle persone. Bisogni che per essere soddisfatti assorbono una tipologia di risorse omogenee, abbassando anche i costi gestionali e definendo concretamente i case mix professionali da graduare in base alle reali necessità».
Lei coordina e quindi rappresenta Ipasvi - circa diecimila infermieri professionisti e operatori sanitari - sul territorio regionale: ci sono disomogeneità in Friuli Venezia Giulia rispetto al riconoscimento del ruolo degli infermieri?
«Pur parlando di una regione con solo 1.227.000 abitanti, le differenze tra le quattro province sono ancora numerose. Non credo si debba creare una modellistica
uniforme, bensì valorizzare le differenze, spesso legate a contesti socio-demografici molti diversi: tasso di anzianità, numero di migranti residenti, tasso di fecondità. Vanno recepite le buone pratiche che possono essere replicate, con qualche aggiustamento, su tutto il territorio regionale».
Aggiornata il 24 agosto 2015