Cronicità al 40%, poca prevenzione e gap Nord-Sud: ecco l’Italia delle cure raccontata dal 14° Report Osservasalute. Ricciardi: «Sostenibilità a rischio, rivedere i criteri di esenzione»
11 aprile 2017
La cronicità è la prima delle emergenze di salute che gravano sulla popolazione e comprimono il nostro servizio sanitario nazionale. Basti pensare che circa il 40% (il 39,1%, per la precisione) degli italiani ha almeno una malattia cronica, mentre il 23,7% (il 2% in più rispetto al 2011) è multi cronico, con il conseguente carico di spesa - anche solo a guardare quella che va in medicinali - che questa condizione comporta. Ma la cronicità è solo un aspetto, per quanto fondamentale, dei tanti che descrivono lo stato della salute e dell’assistenza in Italia. Non meno importanti, sono l’ampliarsi della forbice Nord-Sud, con riflessi drammatici sull’aspettativa di vita - al Sud è molto più alta la mortalità prematura prima dei 70 anni - e l’accentuarsi degli squilibri sociali.
È un prisma a molte facce quello raccontato dal 14° Rapporto Osservasalute , curato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane e presentato al Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma. Un termometro utile anche per testare la temperatura del federalismo sanitario, che dal 2001 sta segnando il destino di un’Italia a più velocità nell’accesso a cure e assistenza. Tra luci e ombre, come si dice. Nel complesso, il ritratto che emerge è quello di una realtà italiana alle prese con una popolazione sempre più vecchia, con diminuzione di nascite sotto il tasso di sostituzione. E dove gli stili di vita non migliorano, mentre peggiora la prevenzione.
Gli effetti del federalismo sanitario. «È innegabile - spiega infatti il direttore dell’Osservatorio Walter Ricciardi - che il nostro Ssn ha ottenuto risultati lusinghieri e può vantare evidenti miglioramenti delle condizioni di salute della popolazione. Altrettanto innegabili sono i suoi fallimenti: non è stata risolta la “questione Meridionale” e si sono acuiti i divari sociali. Per citare solo alcuni numeri - continua Ricciardi - nel 2015 la spesa sanitaria pro capite si attesta, mediamente, a 1.838 euro: è molto più elevata a Bolzano (2.255 euro) e decisamente inferiore nel Mezzogiorno, in particolare in Calabria i cui abitanti possono contare su 1.725 euro. Analizzando la dinamica di un indicatore di salute, la mortalità sotto i 70 anni, che unisce la sopravvivenza con l’efficacia delle cure, si osserva che i divari territoriali non solo sono persistenti, ma evidenziano un trend in crescita. Infatti, dal 1995 al 2013, rispetto al dato nazionale, al Nord la mortalità sotto i 70 anni è in diminuzione in quasi tutte le regioni; nelle regioni del Centro si mantiene sotto il valore nazionale con un trend per lo più stazionario; nelle regioni del Mezzogiorno il trend rispetto al dato nazionale è in sensibile aumento, facendo perdere ai cittadini di questa area del Paese i guadagni maturati nell’immediato dopoguerra del secondo conflitto mondiale. Infine, per quanto riguarda gli squilibri sociali, nel 2013 nella classe di età 25-44 anni la prevalenza di malati cronici ammonta al 4 per cento, scende al 3,4 per cento tra i laureati e sale al 5,7 per cento nella popolazione con il livello di istruzione più basso».
La prevenzione che non c’è. Sullo sfondo, una prevenzione troppo spesso latitante. Una latitanza-killer, quando si guarda ad esempio ai sui effetti sulla prevalenza di alcuni tumori prevenibili. «I dati del Rapporto Osservasalute - afferma il direttore scientifico dell’Osservatorio, Alessandro Solipaca - testimoniano un aumento delle persone affette da tumore al polmone: nel 2015 si stimano circa 70.300 malati tra gli uomini e oltre 31.300 tra le donne, con un aumento, rispetto ai 5 anni precedenti, molto più accentuato nelle donne (+32%) che negli uomini (+10%). Un’altra patologia a palesare preoccupanti segnali di crescita è il tumore al colon-retto, tra le malattie oncologiche più frequenti. Nel 2015 colpisce circa 230 mila uomini e oltre 192 mila donne, in crescita, rispetto al 2010, del 26% tra gli uomini e del 19% tra le donne. In crescita anche le donne con un tumore alla mammella - stimate in circa 715 mila unità nel 2015 - con un incremento del 23% rispetto al 2010». Del resto, gli screening oncologici coprono quasi tutta la popolazione in Lombardia, mentre arrivano appena al 30% dei residenti in Calabria.
La prevenzione secondaria è un altro tallone d’Achille del servizio sanitario nazionale. Cartina di tornasole sono le vaccinazioni obbligatorie: nel periodo 2013-2015 la copertura è in progressiva riduzione. Trend analogo per le vaccinazioni raccomandate, in calo del 5,6%. Mentre è critica la diminuzione della copertura antinfluenzale tra gli anziani ultra 65enni: -21,9% tra il 2006 e il 2016.
L’identikit della popolazione. Per la prima volta in Italia - dove oltre un italiano su cinque ha più di 65 anni - la popolazione residente diminuisce. La mortalità continua decisamente a scendere, sia tra gli uomini che tra le donne, dove si passa rispettivamente da un tasso del 141,4 per 10.000 del 2003 a 107,8 per 10mila nel 2014 e dal 90,2% per 10mila del 2003 a 69,8 per 10mila nel 2014. Cambiano anche le cause dei decessi: si muore meno per il cuore e in generale per tutte le principali cause e più per malattie psichiche e infettive. Sul fronte degli stili di vita, sono stabili i dati sull’eccesso ponderale - in sovrappeso oltre un terzo degli adulti e obesa una persona su dieci, mentre nel complesso il 45% degli adulti è in eccesso. In calo dal 35,6% al 34,8% la percentuale dei “non consumatori” di alcolici al di sopra degli 11 anni.
Una salute resiliente. Ancora per quanto? Cronicità “succhia-risorse”, prevenzione inadeguata, stili di vita non consoni e disparità regionali tracciano l’identikit di un Paese dove in generale la salute “tiene”. Ma, afferma Ricciardi, «gli eventi di questi ultimi anni rendono evidente come tutte le conquiste in termini di benessere sociale ed economico non sono assicurate per sempre, ma vanno difese con la forza delle idee, gli strumenti della politica e conservate attraverso un atteggiamento proattivo da parte di tutti i cittadini e delle istituzioni». In ballo, insomma, c’è la sostenibilità del sistema, perché l’abbassamento della qualità dei servizi «potrebbe far vacillare il principio di solidarietà al quale si è ispirato il nostro welfare». Da qui la ricetta proposta da Ricciardi: «rivedere i criteri di esenzione dalla compartecipazione alla spesa e di accesso alle cure e intensificare gli sforzi per combattere l’evasione fiscale che attanaglia il nostro Paese e mina la sostenibilità del sistema di welfare state». Due fronti su cui il Governo si dice al lavoro. Con la speranza che la montagna non partorisca un topolino.
Aggiornata il 13 aprile 2017