Internet compie 25 anni, pieni di Salute
22 maggio 2014
di Barbara Gobbi e Sara Todaro (da Il Sole-24 Ore Sanità n. 19/2014)
«Il web è più un'innovazione sociale che un'innovazione tecnica. L'ho progettato perché avesse una ricaduta sociale, perché aiutasse le persone a collaborare, e non come un giocattolo tecnologico».
Così l'ideatore di Internet Tim Berners-Lee definiva la sua invenzione. Era il 1989 o giù di lì e da allora il mondo non è stato più lo stesso, neanche nella sanità. In un quarto di secolo la tecnologia ha continuato a evolversi e muterà ancora, ma la vera rivoluzione è nei rapporti. Tra medico e paziente, tra aziende sanitarie e professionisti, tra aziende, ancora, e utenti. Fino ad arrivare, con esiti non sempre positivi, a un'informazione "scientifica" che, veicolata troppo in fretta e senza verifiche, rischia il cortocircuito.
Non è tutto oro quello che gira sul web e che ci arriva grazie alla rete. Anche e a maggior ragione in sanità. Ma in occasione di questo compleanno per gli addetti ai lavori che tracciano un primo bilancio del world wide web, il bicchiere è senz'altro mezzo pieno.
Per i dottori, perché la cybermedicina consente loro quel «salto paradigmatico» che permette di andare oltre le utili ma pur sempre generiche linee guida e di riavvicinarsi, paradossalmente, al paziente.
Per le aziende produttrici di medicinali e dispositivi, oggi più che mai editrici di se stesse e delle news scientifiche indirizzate non solo ai professionisti del settore ma anche agli utenti. Per i pazienti che - dopo 25 anni di web punteggiato anche da "bufale" - stanno imparando a difendersi, a leggere tra le righe immateriali della rete, a fare gruppo e a discernere criticamente. Per le aziende del Ssn, ancora, che hanno scoperto i vantaggi e le sfide poste da una controparte informata e capace di barcamenarsi tra Facebook, Twitter e App.
Insomma il web «nastro trasportatore». Al centro - dopo tante promesse, spesso non mantenute - torna il paziente/cittadino. Ora - col web 2.0 divenuto patrimonio comune per chi offre e chi cerca salute - sono gli altri a doversi adeguare. Manager inclusi.
«La cybermedicine resa possibile da Internet - avverte il vicepresidente Maurizio Benato - è in grado di unificare quella tensione che pareva insuperabile tra relazione individuale e ricerca di generalità e ciò senza sacrificare l'ontologia del malato alla generalizzazione che la conoscenza scientifica impone. Il modello della medicina imperniato sulla deduzione logica da leggi generali, di enunciati in grado di descrivere l'evento singolo, è ora oscurato dalle possibili applicazioni della cybermedicine. Internet ha operato un vero e proprio cambiamento di paradigma, perché è esattamente il contrario di quanto ci si propone ancora oggi ovvero la pedissequa applicazione di linee guida al di là degli specifici contesti. La cybermedicine sta delineando un pensiero forte con un proprio fondamento espistemologico dell'operare che ci permette di affrontare i problemi medici in maniera complessiva, restituendo al medico nuove responsabilità per rispondere alla complessità dei diversi contesti in cui opera, evitando che si crei un corto circuito usurante tra medicina e società nel suo complesso».
Se la cybermedicina è un cambio di paradigma nella relazione di cura, non da meno sono le conseguenze pratiche del web sulla vita dei pazienti. «Grazie al nuovo modo di pensare e usare il web, istituzioni sanitarie e organizzazioni private stanno iniziando a proporre servizi che coinvolgono direttamente i cittadini», spiega Eugenio Santoro, responsabile del Laboratorio di Informatica medica dell'Irccs Mario Negri. «Dai sistemi attraverso i quali si richiede loro di valutare medici e strutture sanitarie all'uso delle principali piattaforme di social media per modificare gli stili di vita e promuovere la salute, è tutto un fiorire di iniziative che pongono il cittadino al centro dell'attenzione».
Il web diventa quindi un «nastro trasportatore, che mette al centro il cittadino e e le organizzazioni sanitarie partecipano ai percorsi diagnostici e terapeutici in concerto tra loro», aggiunge Claudio Dario, presidente di Arsenàl.IT e direttore generale dell'Aou di Padova. E «oggi, a 25 anni dalla nascita del web, possiamo parlare di tecnologia stabilizzata. La mole di dati e informazioni resa disponibile grazie alle tecnologie e alla rete garantisce migliori servizi e percorsi di cura più "democratici". In tale contesto benefici e risparmi prodotti dall'eHealth per il sistema sanitario e per il cittadino implicano una concreta responsabilità dei decisori nell'eventuale scelta di non seguire questa strada».
Non è tutt'oro, come abbiamo detto, e soprattutto dal punto di vista delle possibili "bufale" o superficialità veicolate da riviste scientifiche, pure autorevoli. «Anche grazie a Internet - precisa Fabio Turone, presidente del chapter italiano della Association of Health care journalists - in anni recenti numerose associazioni professionali di giornalisti hanno cominciato a promuovere "dal basso" progetti per controllo di qualità basato principlamente sul confronto e sulla peer-review, come quello ideato dal giornalista americano Gary Schwitzer, che sull'ultimo numero di Jama Internal Medicine ha descritto il lavoro sistematico di revisione di 1.889 tra articoli e servizi radiotelevisivi apparsi nei principali media americani tra il 2006 e il 2013. In oltre la metà dei casi erano basati unicamente su un comunicato-stampa, e spesso esageravano i benefici ignorando il contesto e le alternative e tacendo su rischi e costi. Schwitzer ha dimostrato che la condivisione delle recensioni con gli autori degli articoli e con le gerarchie redazionali porta a un successivo miglioramento della qualità, con una maggiore attenzione a evitare le fanfare e il sensazionalismo, soprattutto quando nascondono interessi commerciali».
Aggiornata il 22 maggio 2014