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Iii commissione audizioni piano socio sanitario 2010 -2012 : le proposte di comuni e ooss.

(ACON) Trieste

18 febbraio 2010

DT - Seconda giornata di audizioni sulla bozza del Piano sanitario e sociosanitario per la III Commissione consiliare, presieduta da Giorgio Venier Romano (UDC).

Un documento troppo sbilanciato sulla cura in cui non viene affrontato il tema della prevenzione (che poi vuol dire anche sicurezza sul posto di lavoro) e nemmeno quello del potenziamento dei servizi territoriali, un Piano improntato sostanzialmente sui tagli e non partecipato. CGIL, CISL, UIL ma anche FSI/USAE hanno bocciato la bozza dell'assessore alla Salute Vladimir Kosic.

Per Adriana Pigozzo della CGIL pesano due questioni fondamentali: i limiti imposti dalla Finanziaria regionale (il trend di crescita previsto è dell'1. 76%, troppo poco) e il blocco del turn over. Si mettano nero su bianco gli sprechi, soprattutto si indichino le modalità per eliminarli. Mancano poi gli obiettivi di salute in prospettiva, ad esempio sulla lievitazione delle patologie degli anziani.

Non si riescono a identificare gli interventi con chiarezza, eppure parliamo del 52% delle risorse della Regione, parliamo di salute, il commento di Fernando Della Ricca, UIL. E' vero che abbiamo delle eccellenze, è altrettanto vero che bisogna pensare all'insieme della macchina, sul territorio oggi l'assistenza viene delegata troppo spesso alla famiglia. Occorre intervenire anche sulle liste d'attesa.

Secondo Renato Pizzolitto, CISL, il problema numero uno è la mancanza di personale, è impossibile mantenere l'esistente se non si interviene su questo tema. E' fondamentale dare un'adeguata risposta di salute a tutti, specie ai soggetti più deboli. La centrale unica del 118 non porterà a economie rilevanti.

Una condivisione di fondo, ma rimane l'esigenza di capire le modalità con cui il Piano verrà realizzato. Questa la sintesi di Giovanni Zanuttini, rappresentante della CONFSAL. Con qualche distinguo: difficile coniugare il blocco del turn over con il mantenimento della qualità dei servizi, non è chiara la sorte degli ospedali minori, resta irrisolta la questione delle liste di attesa. Un Piano che per certi aspetti manca di concretezza.

Per Paolo Coan della FSI/USAE sono più le ombre che le luci della bozza: nessun accenno alla prevenzione, poca concretezza, l'indirizzo è quello della cessione di rami d'azienda che rendono economicamente al privato. Invece bisognerebbe spingere a una riduzione molto pesante delle esternalizzazioni. Il numero delle Aziende deve corrispondere a quello delle Province tenendo conto però dell'area montana.

Per il suo presidente Mario Brancati, la Consulta regionale delle associazioni dei disabili si ritrova negli indirizzi della Giunta che intendono migliorare i livelli e l'efficienza del sistema e recuperare così risorse da reinvestire per coprire bisogni ancora inevasi (liste attesa, psichiatria, integrazione sociosanitaria, anziani, disabilità). Però nel Piano la sanità territoriale viene poco citata ed è già scarsamente investita di risorse umane ed economiche. Attenzione poi al federalismo sanitario: la Regione deve porre dei paletti per mantenere gli standard qualitativi nella sanità, altrimenti i direttori generali taglieranno i servizi per perseguire obiettivi di pareggio.

La Conferenza ha deciso di esprimere il parere non su questa bozza ma su quello che sarà il Piano definitivo, ha annotato Vittorio Boem, sindaco di Codroipo e presidente della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria regionale. Comunque, il Piano è squilibrato sul fronte ospedaliero, sono pochi i temi sul fronte sociosanitario: la prevenzione, le cure primarie, le dipendenze, il materno-infantile, non vengono trattati. E cosa succederà ai distretti? E ai piccoli ospedali (Maniago, Sacile, Gemona)? Infine, è troppo centralizzante nell'aspetto gestionale con un ruolo, quello dei Comuni, sempre più affievolito.

Per Federsanità ANCI l'intervento di Gianni Zanolin, assessore alle politiche sociali del Comune di Pordenone. L'intuizione principale del Piano, quella di trovare le risorse dentro il sistema, è giusta. La razionalizzazione pensata dalla bozza non può togliere presidi sanitari al territorio, ma può voler dire che per tutta una seria di esigenze ci si debba rivolgere a un sistema pensato su base regionale. Sul fronte sociale è fondamentale il rapporto Comuni-distretti e l'opportunità di mantenere forte questa presenza.

Critico Antonio Corrias, assessore ai Servizi sociali del Comune di Udine, per il quale non sono chiari gli obiettivi di salute né gli indicatori di verifica del Piano, non si comprende dove si vada a incidere per recuperare risorse, e non c'è un riferimento ai servizi sociali in capo ai Comuni. C'è, di fondo, un pericoloso ridimensionamento del ruolo dei Comuni e del terzo settore nella programmazione territoriale locale.

Non ci sarà un altro Piano ma solo alcune esplicitazioni. Lo ha ribadito l'assessore alla Salute Vladimir Kosic davanti alla III Commissione ricordando poi come il Piano non sia interamente sostitutivo del precedente, su alcuni temi specifici (come la prevenzione e la sicurezza sul lavoro) rimane vigente quello che c'è già. In questi anni abbiamo spostato molte risorse sul territorio, eppure abbiamo registrato una crescita esponenziale nella difficoltà a intercettare i bisogni. E poi: l'aumento del personale dal 2007 al 2009 è stato costante, nel 2007 di 316 unità, di 311 nel 2008 e di 415 nel 2009.

Dati e numeri specificati dall'assessore al Personale Andrea Garlatti. Nel 1994 erano 9. 151 i posti letto, 288 mila i ricoveri, e 19. 555 le unità di personale: a fine 2008 i posti letto erano 5. 337, i ricoveri 207 mila, costanti le prestazioni ambulatoriali (dai 17 milioni di quindici anni fa ai 17 milioni 394 mila del 2008), e un personale pari a 20. 191 nel 2008. Un incremento di un migliaio di unità, dunque. Scopo della norma in Finanziaria non è di bloccare le assunzioni, piuttosto è stato spostato il livello di autonomia: esiste un automatismo sulla possibilità di assumere da parte delle Aziende fino a una certa percentuale, il 40%, oltre c'è la regia centrale della Direzione della Salute. E un tanto per garantire l'equa distribuzione sul territorio delle risorse umane.

Infine, gli interventi dei consiglieri. Per Franco Dal Mas (Pdl) bisogna osare perché la riforma sociosanitaria è necessaria, il sistema deve avere il governo della spesa, guai a rimanere sulle barricate, politica e sindacati, in un momento così difficile.

Secondo Sergio Lupieri (PD) la norma sul personale della Finanziaria penalizza fortemente la sanità regionale. Serve il quadro della pianta organica del personale, capire quanti sono andati in pensione, quanti part-time, quanti non sono idonei, non basta il numero delle immissioni.

I numeri portati da Garlatti non reggono, ha sostenuto Stefano Pustetto (SA-SEL), è cambiata la complessità dell'intervento sul paziente, la sanità non va interpreta in termini ragionieristici. Scarichiamo sul direttore generale responsabilità che appartengono alla politica, alla Direzione.

Aggiornata il 16 maggio 2013