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Aree di isolamento e meno ospiti: le barriere antivirus negli ospizi

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17 febbraio 2020

Dopo i decessi e le positività registrate tra gli ospiti delle case di riposo a Trieste, Mortegliano e Lovaria, le residenze per anziani alzano le barriere di protezione. Alla Quiete di Udine, pur non avendo casi di Covid-19, isolano i pazienti in ingresso dall'ospedale, tengono stanze libere per fronteggiare eventuali emergenze e, per evitare gli spostamenti, hanno sospeso tutte le visite specialistiche non urgenti. Massima cautela viene usata pure nelle strutture private convenzionate potenziando le misure imposte dal Governo.L'aumento dei decessi ha costretto i direttori sanitari a correre ai ripari. «Dopo aver vietato, con grande sofferenza, l'accesso ai familiari - spiega il direttore sanitario della Quiete di Udine, Salvatore Guarneri -, stiamo sensibilizzando il personale con un'attività di formazione a tappeto. Lo facciamo perché è abbastanza probabile che nelle case di riposo le infezioni da coronavirus siano entrate attraverso gli operatori». Da qui le raccomandazioni sulle misure da osservare all'interno dei reparti dove però mancano le mascherine. Sul mercato non si trovano e le scorte sono ridotte all'osso. Non a caso la direzione ha invitato il personale a usare i dispositivi di protezione con parsimonia. «Solo quando serve, ovvero in presenza di pazienti a rischio o di ospiti appena arrivati dall'ospedale in Rsa». Alla Quiete non si esclude nulla, la struttura si prepara a fronteggiare eventuali peggioramenti della situazione isolando per 14 giorni tutti i pazienti in ingresso: «Li consideriamo pazienti a rischio anche se prima di dimetterli l'ospedale li sottopone al tampone. Ma noi - aggiunge Guarneri - per non correre rischi abbiamo deciso di tenerli in un'area prevista da un modello organizzativo inventato da noi».A seguire i pazienti è la dottoressa Domenica Basile assieme ad altri tre colleghi. Tutti hanno garantito la reperibilità notturna anche nel caso un operatore si sentisse male. «Per ridurre i rischi ed evitare gli spostamenti degli ospiti abbiamo rinviato tutte le visite specialistiche non urgenti e ridotto il numero degli ingressi per tenere almeno otto stanze libere» precisa Basile nell'illustrare il nuovo modello organizzativo che consente di riservare una stanza al piano terra per il fine vita, dove i parenti possono accedere direttamente indossando la mascherina e non senza essersi sottoposti alla misurazione della temperatura e al lavaggio delle mani. Sempre al piano terra è stata allestita una stanza per isolare i possibili casi sospetti, ovvero i pazienti con febbre e difficoltà respiratoria. «In questi casi - continua Basile - in accordo con l'infettivologo effettuiamo i tamponi e fino a quando non abbiamo l'esito li trattiamo come casi sospetti». Alla Quiete i tamponi vengono eseguiti dai medici interni e portati con i mezzi propri al dipartimento di Prevenzione. Sono considerati potenziali pazienti a rischio pure le persone trasferite dall'ospedale alla Rsa: «Le accogliamo tutte in un'ala della struttura per una quindicina di giorni. Superato questo tempo, se risultano asintomatiche vengono spostate nei reparti». Basile non dimentica di ringraziare gli animatori che dopo aver sospeso l'attività si sono messi a disposizione per consentire agli ospiti di parlare con i parenti via Skype. Non solo perché, a brevissimo, gli stessi parenti avranno la possibilità di consultare online le cartelle cliniche dei loro cari. Anche nelle strutture del gruppo Sereni Orizzonti lamentano la carenza di mascherine e prestano particolari attenzioni ai pazienti provenienti dagli ospedali. In una decina di casi registrati a livello nazionale, gli ospiti sono entrati con febbre e per questo sono stati sottoposti a tampone che ha dato esito negativo.
La questione delle mascherine è stata affrontata pure da Federsanità e dall'Uneba (Unione istituzioni e iniziative di assistenza sociale). I presidenti Giuseppe Napoli e Matteo Sabini, hanno scritto all'assessore alla Salute, Riccardo Riccardi, al direttore della Protezione civile, Amedeo Aristei, e alla responsabile della Direzione salute, Gianna Zamaro, auspicando che a breve tutti gli operatori sanitari possano avere a disposizione i dispositivi di protezione. Chiedono, inoltre, deroghe rispetto agli standard assistenziali e alla possibilità di reclutare personale attraverso le agenzie di lavoro interinale e con contratti esterni.  

Aggiornata il 17 marzo 2020