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Un pianeta di «over 60» nel 2020. L’Oms: «Agenda globale da rivedere»

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30 settembre 2015

Non è un pianeta per giovani: entro il 2020 la popolazione “over 60” supererà per numero quella dei bambini al di sotto dei cinque anni. E nel 2050 gli anziani raddoppieranno: dai 900 milioni di oggi a quasi due miliardi. Merito dei progressi della medicina e della scienza: si vive sempre di più, tanto che 125 milioni di persone raggiungono nel mondo gli 80 anni. Questi dati impongono di rivedere l’agenda globale - spiegano gli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) - che in occasione della Giornata internazionale degli anziani del 1° ottobre lanciano il Nuovo Rapporto sull’invecchiamento e la salute. Valorizzando, anche giocoforza, quello che fino a oggi è stato percepito come un elemento di debolezza. Non sarà più tale, è l’interpretazione dell’Oms, se si attueranno politiche adeguate.

«L’invecchiamento è un valore che va difeso - spiega la vice direttrice generale Salute delle donne e dei bambini presso l’Oms Flavia Bustreo - nell’agenda globale dobbiamo attuare cambiamenti per una società più anziana e, in particolare, tutelare le donne che compongono la porzione più ampia della popolazione anziana».
Vivere a lungo non basta: l’obiettivo è attivare politiche efficaci affinché chi popola il mondo riesca anche a invecchiare meglio di quanto non accada oggi. Una scommessa non da poco ma tutta da giocare: nel 2050 secondo il Report l’80% della popolazione anziana vivrà nei Paesi a medio e basso reddito. Dove l’invecchiamento galoppa: mentre in Europa la popolazione anziana è aumentata dal 10% al 20% in circa 150 anni, in Brasile, Cina e India basteranno poco più di 20 anni per raggiungere questi traguardi. Ed è lì, soprattutto, che serve intervenire subito: «Oggi, la maggior parte delle persone, anche nei paesi più poveri, vive sempre più a lungo - continua - . Ma questo non è sufficiente. Dobbiamo garantire che la terza età sia vissuta in salute, consentendo l’accesso alle cure anche a chi vive in condizioni svantaggiate e continuare a lavorare insieme ai Paesi per aumentare la qualità della vita delle persone anziane. Il raggiungimento di questo obiettivo non sarà solo un bene per le persone anziane, ma sarà un bene per la società nel suo complesso».

Bisogna rimboccarsi le maniche: innanzitutto promuovendo una “rivoluzione culturale” che consenta di non associare più la terza età a una condizione di fragilità e dipendenza. Ma la rivoluzione dovrà passare per i fatti e partire da una realtà in cui, oggi, gli splendidi 70enni si trovano soprattutto nelle classi sociali più agiate. Guardando alle donne - che oggi vivono meno anni nel complesso in buona salute, rispetto agli uomini - c’è l’indicazione garantirne la salute durante tutto l’arco della vita».
Nel complesso, il rapporto mette in luce tre aree-chiave di intervento che richiederanno un cambiamento fondamentale nel modo in cui la società pensa all’invecchiamento e alle persone anziane.

Le tre aree-chiave di intervento. La prima, è quella di rendere i luoghi in cui viviamo molto più piacevoli e fruibili per le persone anziane. Degli esempi concreti di best practies si possono trovare nella rete globale dell’Oms delle Città e dei Comuni Amici degli Anziani (Age-friendly) che comprende attualmente oltre 280 città, in 33 Paesi, tra cui Udine in Italia. Si va da un progetto per migliorare la sicurezza degli anziani nei quartieri poveri di Nuova Delhi a delle strutture ricettive in Australia e Irlanda per contrastare l’isolamento sociale e la solitudine.
Inoltre, è fondamentale che i sistemi sanitari siano allineati con le esigenze degli anziani. Ciò richiederà un passaggio che permetta ai sistemi che oggi sono rivolti a curare le malattie acute, a diventare sistemi in grado di fornire assistenza per le malattie croniche, più frequenti in età avanzata. Ci sono iniziative che hanno già ottenuto buoni risultati e che possono essere diffuse e introdotte in altri Paesi. Come ad esempio, la creazione di equipe composte da diversi specialisti come fisioterapisti, psicologi, nutrizionisti, terapisti occupazionali, medici e infermieri in Brasile, o la condivisione di cartelle cliniche computerizzate tra diversi istituti di assistenza in Canada.
I governi devono, inoltre, sviluppare sistemi di assistenza a lungo termine che possano ridurre l’uso improprio dei servizi sanitari e garantire alle persone che vivono i loro ultimi anni di farlo con dignità. Le famiglie avranno bisogno di sostegno per fornire assistenza, dando maggiore libertà alle donne, che spesso sono anche coloro che si prendono in carico la cura per i familiari più anziani. Anche semplici strategie possono essere molto efficaci, come il caso dei Paesi Bassi con il sostegno via Internet per chi assiste un familiare o di sostegno alle associazioni delle persone anziane che forniscono il supporto tra pari in Vietnam

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Rapporto OMS

Aggiornata il 2 ottobre 2015