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Testamento biologico e dichiarazioni anticipate: piu’ informazione e forte appello per rinnovare l’alleanza terapeutica con il medico

Lions Club Monfalcone e Associazione Amici dei Traumatizzati Cranici del Friuli Venezia Giulia promotori di una conferenza di grande attualità e valore sociale

6 aprile 2007

Il testamento biologico, ovvero le “dichiarazioni anticipate” sono state al centro dell’interessante conferenza di particolare attualità promossa dal Lions club di Monfalcone, insieme all’Associazione Amici dei traumatizzati cranici del Friuli Venezia Giulia, a Ronchi dei legionari, nel giorno stesso del convegno internazionale tenutosi in Senato che ha registrato significativi impegni da parte delle massime cariche dello Stato per un accelerazione dell’iter della legge, nonché le autorevoli posizioni del Vaticano e di altre religioni.  

“La scelta di informare e approfondire un tema così complesso e delicato che coinvolge principi e valori profondi di ogni uomo costituisce un esempio della funzione sociale dell’Associazione che intende sempre più coinvolgere nei suoi programmi l’intera area monfalconese”, ha illustrato il presidente del Lions Club di Monfalcone, Giuliano Venudo, che a salutato il qualificato pubblico di autorità e soci intervenuti. Tra questi la presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Gorizia, Roberta Chersevani e il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia, Piero Villotta. Da parte del Comune ospite, il sindaco, Roberto Fontanot, ha ringraziato i promotori dell’iniziativa che ha definito molto utile per informare adeuguatamente su temi importanti sui quali ha espresso l’attenzione della sua amministrazione a proseguire il dialogo avviato. Il presidente Venudo ha, quindi, portato i saluti della consigliera regionale Cristina Carloni (consigliere comunale a Ronchi), del sindaco di Monfalcone, Gianfranco Pizzolitto, presidente dell’ANCI FVG e del presidente di FEDERSANITA’ ANCI FVG, Giuseppe Napoli, del Vice sindaco di Turriaco, Mario Schiavon e dell'assessore alla sanita' di Staranzano, Vincenzo Incarnato.

Per l’Associazione Amici dei Traumatizzati Cranici del Friuli Venezia Giulia, il presidente, Paolo Fogar, ha ricordato la positiva collaborazione tra i due sodalizi che già nel 2005 ha dato luogo a un importante convegno nazionale, presso l’ospedale di Monfalcone, sui servizi e le strutture disponibili per le persone in stato vegetativo e le più recenti acquisizioni scientifiche in materia di coma e risvegli.

E’ toccato, quindi, ai due medici esperti di questi temi il prof. Gian Luigi Gigli, già presidente della Federazione Mondiale dei Medici Cattolici, professore straordinario di Neurologia, Università di Udine, Direttore SOC Neurologia-Neurofisiopatologia Azienda Ospedaliero Universitaria S. M. M., Udine e il dottor Maurizio Rocco, vicepresidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Udine, Coordinatore Commissione Deontologica ed Etica dell'Ordine, che opera presso Anatomia Patologica Azienda Ospedaliero – universitaria di Udine, coordinati dalla giornalista Tiziana Del Fabbro, segretario di FEDERSANITA’ ANCI FVG.

Maurizio Rocco ha, innanzitutto, illustrato le motivazioni che, dopo il processo di Norimberga (sperimentazioni naziste), hanno portato all’esigenza di informazione consapevole dei cittadini, “consenso informato” senza il quale, “validamente espresso”, non è consentito alcun intervento sulla persona umana. Rocco ha, quindi, presentato per la prima volta in regione un fac-simile di “dichiarazioni anticipate” sul quale l’ordine dei Medici di Udine promuoverà in aprile un convegno pubblico. Tra le numerose domande contenute nel documento relative al diritto all’informazione e alle scelte in ordine al “sostegno vitale” (nel rispetto dell’art. 32 della Cost. italiana e di altri testi di riferimento, tra cui la disposizione del Comitato nazionale di Bioetica del 18 dicembre 2003 e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE),è stato evidenziato che esso riguarda “l’espressione di volontà circa i trattamenti ai quali la persona desidererebbe, o no essere sottoposta nel caso in cui non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso, o dissenso informato”.

Inoltre,…”le dichiarazioni devono essere relative a tutti quegli interventi medici circa i quali l’interessato può lecitamente esprimere la propria volontà attuale”, pertanto “sono esclusi tutti quegli atti in contraddizione con le norme della buona pratica clinica, con la deontologia medica, o che pretendono di imporre attivamente al medico pratiche per lui in scienza e coscienza inaccettabili (es. eutanasia)”. Rocco ha, quindi, presentato lo schema delle “dichiarazioni anticipate”che, per essere valido – ha evidenziato – deve avere anche precise caratteristiche formali, quali: “redatto per iscritto, garanzie sull’identità del sottoscrittore, di autenticità documentale, data di sottoscrizione, garanzia di adeguata informazione (firma di un medico), scadenza temporale per conferma, revoca, o modifica delle dichiarazioni in essa contenute”.

Il vicepresidente dell’Ordine dei medici di Udine ha, infine, citato i dati di una recente inchiesta di ETHICATT (SIAARTI), secondo la quale nelle loro decisioni i medici tendono a basarsi principalmente: sulle condizioni cliniche del malati, ne chiedono il parere nell’80% dei casi;  rispettano il parere dei pazienti nel 50% dei casi (cioè tendono a iniziare terapie salvavita anche contro il parere negativo). Comunque sia – conclude il sondaggio -  questo significa riconoscimento effettivo del parere del paziente.

Da parte sua il professor Gianluigi Gigli ha innanzitutto passato in rassegna alcune delle cause che hanno fatto diventare di estrema attualità le dichiarazioni anticipate di volontà. A tale riguardo si è soffermato in particolare sull’invecchiamento della popolazione, sui fallimenti della rianimazione, sull’aumentata possibilità della medicina di tenere in vita cronicamente anche gravi disabilità, sulla perdita di significato della sofferenza, sulla non accettazione del dolore, sull’occultamento della morte, sulla assolutizzazione del principio di autodeterminazione, sulla perdita di riferimenti religiosi. A parere del Prof. Gigli, per una medicina moderna e umanistica, fondata sull’alleanza tra medico e paziente, il paternalismo medico nelle scelte decisionali costituisce certo un approccio superato e l’autonomia del paziente è un valore da rispettare. È per tale motivo che, anche di fronte ad un paziente incapace ad esprimere il suo consenso nelle scelte di ordine diagnostico e terapeutico, il medico non può non tener conto di pareri o preferenze espressi a mezzo di dichiarazioni anticipate di volontà. Tuttavia, per le stesse esigenze di un corretto rapporto medico-paziente, le dichiarazioni anticipate non possono essere ridotte a mero strumento burocratico o ad un atto notarile, se non a rischio di travisare la stessa volontà del paziente e di stravolgere il suo rapporto con il medico. Perché ciò avvenga, le dichiarazioni anticipate di volontà debbono fondarsi su una vera relazione medico-paziente, capace di garantire una piena informazione, ed essere circostanziate ed attuali.

Perché il paziente possa formulare liberamente le sue scelte, occorre infatti anzitutto che l’informazione su cui fondare le scelte sia completa, aggiornata, comprensibile da parte del paziente. Occorre anche che le dichiarazioni vengano rese per iscritto e non siano fondate su sentito dire o su discorsi fatti in sedi non appropriate e senza la necessaria preliminare informazione.

Quando si tratti di dichiarazioni emesse molto tempo prima dell’evento che porta alle decisioni, il valore delle stesse dichiarazioni diventa più problematico, non potendosi escludere che il giudizio del paziente avrebbe potuto mutare per i sopravvenuti mutamenti delle possibilità di diagnosi e di terapia causati dal progresso della medicina o per lo stesso mutamento psicologico che la malattia può comportare.

Occorre inoltre accertarsi che le dichiarazioni non siano frutto di indebite pressioni, anche solo psicologiche  (anche da parte di istituzioni sanitarie) e che non siano condizionate da esigenze di natura economica o affettiva (basso reddito, carico per la famiglia, solitudine, ecc.). In caso contrario, la vita del paziente verrebbe ad essere al centro di un pericoloso conflitto di interessi.

Infine, le dichiarazioni anticipate di volontà, se obbligano il medico a tenerne sempre conto e a motivare eventuali decisioni assunte in difformità ad esse, tuttavia non possono essere vincolanti per il medico stesso, il quale dovrà invece formulare il suo giudizio finale sempre e solo sulla base dell’appropriatezza clinica e del giudizio di proporzionalità.

La vincolarietà delle dichiarazioni per il medico e per l’infermiere avrebbe l’inevitabile conseguenza di rendere necessaria una obiezione di coscienza  nel caso di valutazioni difformi e potrebbe portare a discriminazioni pesanti del personale sanitario, più forti di quelle che hanno accompagnato la legislazione sull’aborto, non foss’altro che a causa di possibili conflitti tra le scelte del medico e l’interesse delle istituzioni sanitarie al contenimento delle spese.

Il legislatore pertanto dovrebbe saggiamente evitare la tentazione di risolvere per legge una materia troppo complessa, lasciando che la decisione possa maturare all’interno del rapporto del medico con il paziente e la sua famiglia.

Una corretta e approfondita valutazione clinica dovrà fondersi con un giudizio morale rispettoso del valore della vita e attento a far sì che le esigenze di appropriatezza, efficacia,  proporzionalità e non eccessiva onerosità delle cure siano rispettate. Solo in tal modo sarà possibile decidere in scienza e coscienza nei singoli casi, per loro natura irriducibili a semplificazioni e schemi di comportamento.

Senza un tale approccio vi è solo il rischio che il testamento biologico possa ridursi a cavallo di Troia per la pratica di una eutanasia mascherata, al fine di superare le resistenze del corpo sociale alla diretta uccisione dei pazienti. Ciò soprattutto se venisse accettata la richiesta di includere tra le materie possibile oggetto di dichiarazioni anticipate anche la sospensione della idratazione e della nutrizione, con la scusa che si tratterebbe di trattamenti medici e non, come sempre stato di assistenza infermieristica di base.

In tal caso la vita umana diventerebbe di fatto un bene disponibile, e non più un valore sociale, a insindacabile giudizio del futuro paziente o, peggio, di chiunque possa avere autorità per interpretare la sua volontà.                                                                                                                  

 

 

 

Aggiornata il 16 maggio 2013