Federsanità ANCI FVG
Federsanità ANCI FVG
Chiudi

Notizie

Testamento biologico : appunto dell'anci nazionale sulla circolare relativa ai registri per la "raccolta delle dichiarazioni anticipate di trattamento"

29 novembre 2010

www.anci.it 27 novembre 2010  La circolare in oggetto  sottoscrittta dal Ministro dell'Interno, del Lavoro e delle Politiche sociali e della Salute, afferma che  “sono pervenute a questi Ministeri alcune richieste di parere, formulate dai Comuni, relativamente alla possibilità che gli stessi possano istituire appositi registri destinati alla raccolta delle dichiarazioni anticipate di volontà, per i trattamenti medici che ciascun cittadino intenda ricevere o rifiutare nelle situazioni in cui perda la capacità di esprimere una propria volontà”.

Quanto alle indicazioni contenute nella   Circolare interministeriale si fa presente quanto segue.

Innanzitutto, si afferma che “in linea generale occorre considerare che la materia del “fine vita” rientra nella esclusiva competenza del legislatore nazionale e non risulta da questi regolata”. Questa affermazione è ovviamente esatta e non confutabile. Successivamente, si afferma che, di conseguenza, “l'intervento del comune in questi ambiti appare pertanto esorbitante rispetto alle competenze proprie dell'ente locale e si traduce in provvedimenti privi di effetti giuridici”. Questa seconda affermazione, nella sua nettezza, è accettabile solo se applicata a ipotesi nelle quali il Comune pretende di intervenire a disciplinare in materia di fine vita, giacché è pacifico che, in questa materia, non ha competenza alcuna e dunque ogni intervento sarebbe ovviamente privo di ogni effetto giuridico.

Altra e diversa  questione è verificare quale sia l'ambito d'intervento dei Comuni e le caratteristiche dei registri istituiti.

Infatti, i Comuni, a quanto è dato sapere, non hanno in alcun caso preteso di disciplinare in materia di fine vita, ma hanno solo istituito “registri per la raccolta delle dichiarazioni anticipate di trattamento”. Dunque la questione è se, fermo restando che i Comuni non hanno certamente competenza in materia di “fine vita”, essi possano o meno istituire registri per raccogliere eventuali dichiarazioni relative alla fine vita e se si secondo quali modalità e limiti.

A questo proposito, la Circolare afferma che “i registri istituiti presso le pubbliche amministrazioni rispondono a preminenti finalità di attribuire certezza giuridica a specifiche situazioni (provenienza e data deposito di un determinato documento, dati identificativi di una persona, ecc..)”. Affermazione anche questa sostanzialmente condivisibile e accettabile in quanto si limita a definire le finalità generali dei registri.

Così come appare condivisibile anche l'affermazione successiva, secondo la quale “Il compito di disciplinare in materia delle certezze giuridiche, implicando rilevanti effetti che possono condizionare l'esercizio di diritti fondamentali, è sempre stato riservato allo Stato, al quale spetta stabilire gli effetti probatori degli atti conservati da pubblici ufficiali (si vedano, ad esempio, gli articoli da 449 a 455 del codice civile per quanto riguarda lo stato civile)”, nonchè il richiamo ai limiti in cui i Comuni possono gestire i servizi elettorale, di stato civile e di anagrafe, e la titolarità statale della individuazione degli effetti che i registri tenuti a questi fini possono avere.

Tutto quanto finora esaminato, tuttavia, a nulla vale ai fini di negare la possibilità per i Comuni di tenere questi registri.

Su questo punto, infatti, può ritenersi che i presupposti della legittimità della istituzione e tenuta di tali registri, in via generale possa essere  ricondotta allo svolgimento delle funzioni amministrative del Comune riguardanti “la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona  e alla comunità” (art. 13, comma 1, del d. lgs. n.267 del 2000).

Altra cosa è valutare modalità e garanzie, su questo i casi segnalati, che interessano circa 70 Comuni, presentano – va detto- caratteristiche differenziate.

Alcuni registri raccolgono le attestazioni dei soggetti residenti che hanno redatto le proprie dichiarazioni anticipate di volontà con l'indicazione dell'avvenuta redazione  di tali dichiarazioni e del luogo o dei soggetti presso cui sono conservate (notaio/fiduciario/altro depositario) al fine di garantirne la certezza della data di presentazione e a fonte di provenienza..

In altri casi i registri raccolgono oltre a ciò anche il testamento biologico, sigillato in busta chiusa, per l'eventuale consegna  a soggetto legittimato (medico/fiduciario/altro). In altri casi ancora sono state anche predisposti dei modelli di dichiarazione anticipate. Relativamente a queste ultime due situazioni riscontrate, si può ritenere che in assenza di una specifica disciplina normativa, si configuri un'attività che potrebbe essere in contrasto  con discipline riguardanti altre materie e settori quali tutela della salute, della privacy e della famiglia.

Relativamente invece al primo caso come descritto, si può ritenere, in difformità a quanto affermato dalla circolare interministeriale, che, sebbene in assenza di specifiche previsioni legislative o regolamentari, in quanto trattasi di raccolta di dichiarazioni di volontà attestanti  il luogo e il soggetto presso il quale è conservata la dichiarazione di fine vita, si possa ricondurre tale attività allo svolgimento delle funzioni istituzionali  proprie del Comune nei settori dei servizi alla persona e alla comunità correlate al ricevimento di dichiarazioni sostitutive  di atto di notorietà. Sembra, pertanto, legittimo che i registri possano essere istituiti e organizzati qualora si limitino a contenere la notizia che tali dichiarazioni sono state rese, potendosi questa attività configurare anche come attività fondata sull'art. 47 del d. p. r. n. 450 del 2000 in materia di atti notori e comunque non essendo in violazione di alcuna specifica legge statale.

Altra questione ancora è assegnare specifica efficacia giuridica alla tenuta di tali  registri e alle dichiarazioni in essi contenute, efficacia diversa e maggiore da quella che tali dichiarazioni hanno di per sé, quali autonome manifestazioni di volontà del dichiarante che il Comune si limita a raccogliere e custodire secondo le modalità indicate  nelle delibere adottate. Su questo punto, risulta chiaro che in quanto tali, ed in assenza di apposita normativa, tali registri non possano esplicare alcun effetto giuridico.

Relativamente al punto prospettato nella parte conclusiva della Circolare circa eventuali responsabilità di carattere erariale a carico dell'ente, in considerazione delle ragioni suesposte, tale profilo andrebbe escluso.

Per quanto riguarda altre considerazioni di ordine più generale, non si può tacere che l'azione svolta da alcuni Comuni con l'istituzione di questi registri si fonda sulla volontà di offrire una risposta ad una diffusa domanda sociale di poter dare un rilievo esterno, anche solo simbolico, a manifestazioni di volontà che, anche la Cassazione nel caso Englaro ha riconosciuto poter avere un valore giuridico e che purtroppo allo stato non trovano ancora alcuna compiuta disciplina nella legislazione statale (come anche la Circolare riconosce).

Il che sembra consentire di poter dire che la legittimità dell'azione comunale si fonda sulla generale, e mai negata, competenza dei Comuni a dare in ogni caso una risposta alle esigenze dei cittadini, sempre che, così facendo, essi non violino la legge. In altre parole, si può fondare la legittimità dell'azione comunale in una generica e generale competenza innominata a far fronte comunque alle esigenze delle proprie comunità quando questo avvenga senza violazione di leggi, secondo il principio in base al quale ciò che non è vietato è permesso, ferma restando il rispetto di situazioni giuridiche altrui.

  Rimane, inoltre, da sottolineare l'opportunità, visto l'irrompere nel dibattito pubblico di una questione così delicata che prima atteneva a sfere diverse e che oggi il progresso tecnico e scientifico obbliga ad affrontare con strumenti e canoni interpretativi nuovi, considerato inoltre che ormai proposte di legge sono incardinate da almeno due legislature, di dettare una disciplina normativa in questa materia.

Esigenza intercettata dal Comune, in quanto ente a fini generali, e che certamente merita un quadro normativo appropriato.

Merita, inoltre, sottolineare le modalità con cui il Governo ha valutato di intervenire, rispetto certo ad un aspetto limitato, ma rilevante della materia, ossia una circolare. Quindi con un approccio manifestamente burocratico, minimalista e disattento alle motivazioni generali che possono aver mosso l'operato dei Comuni.

Nella consapevolezza che tutte le implicazioni, giuridiche e politiche, legate a una tematica così articolata possono generare conclusioni ed interpretazioni che si prestano a letture diverse in un ambito delicato come quello in questione, può certamente apparire utile che ANCI chieda al Governo di poter esaminare più a fondo del ruolo e dei poteri dei comuni. Non si tratta di entrare irriguardosamente dentro una discussione delicata oltre ogni limite ma di poter discutere con pari dignita' delle competenze dei comuni. Tale discussione poteva sicuramente essere anticipata e poteva consentire al Governo e all'Anci di poter condividere una lettura delle norme, fermo restando lo spazio di autonomia di ogni singolo comune, base dell'ordinamento istituzionale vigente.

Aggiornata il 16 maggio 2013