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SPECIALE PIANO NAZIONALE ESITI. Dal femore all’infarto. Tutti i nuovi dati degli ospedali italiani. Crescono tempestività e buon esito degli interventi. Lorenzin: “Ma ancora troppe differenze tra Nord e e Sud del Paese”

www.quotidianosanita.it

17 novembre 2015

 
SPECIALE PIANO NAZIONALE ESITI. Dal femore all’infarto. Tutti i nuovi dati degli ospedali italiani. Crescono tempestività e buon esito degli interventi. Lorenzin: “Ma ancora troppe differenze tra Nord e e Sud del Paese”

Analizzati 63 indicatori di esito/processo, 57 volumi di attività e 26 di ospedalizzazione. Molte buone notizie dai dati 2014. Il femore viene operato entro due ore nel 50% dei casi (erano solo il 31% nel 2010). Infarto trattato tempestivamente nel 41% dei casi (quattro anni prima solo il 32%). Parti cesarei scendono al 25,7% (erano il 28,3%). Ma naturalmente queste sono medie e purtroppo permangono esiti negativi in molte aree e strutture del Paese


17 NOV - Il Piano nazionale esiti raggiunge la maturità con questa nuova edizione con dati riferiti al 2014. Si amplia lo spettro degli indicatori analizzati con l’obiettivo confermato di fornire a livello nazionale valutazioni comparative di efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure prodotte nell’ambito del servizio sanitario.

Sviluppata da Agenas per conto del Ministero della Salute, questa nuova edizione presentata oggi al mioniatero della Salute analizza 63indicatori di esito/processo, 57volumi di attività e 26indicatori di ospedalizzazione.

L’edizione 2015 di PNEoltre alle sezioni “Struttura ospedaliera/ASL” e “Sintesi per struttura/ASL” in cui sono riportati i risultati di tutte le strutture ospedaliere/ASL di residenza per ciascun indicatore, ha sviluppato in modo particolare la sezione “Strumenti per Audit” che include:
1. gli elenchi delle strutture ospedaliere da sottoporre a processi di verifica della qualità dei dati codificati nei Sistemi Informativi Sanitari e di valutazione della potenziale misclassificazione, rispetto ai criteri definiti nei protocolli degli indicatori, delle diagnosi utilizzate nella selezione dei ricoveri, delle variabili utilizzate nei modelli di aggiustamento e dei criteri utilizzati per la misura dell’esito per gli indicatori pubblicati nell’edizione 2015
2. i risultati delle verifiche effettuate sulle strutture segnalate nella precedente edizione
3. un’area dedicata al “monitoraggio” degli indicatori di volume di attività inclusi nel regolamento degli standard ospedalieri. La sezione è stata prevista per consentire a ciascuna struttura di verificarein tempo reale i propri dati (ad es. per valutare il rispetto delle soglie attese) e di poter quindi disporre di uno strumento interno di monitoraggio.

Ma ecco i principali risultati medi nazionali, mentre per l’analisi dei principali indicatori delle singole strutture rimandiamo ai diversi approfondimenti dove abbiamo evidenziato le performance migliori e quelle peggiori delle strutture prese in esame dal Piano esiti.

Frattura del collo del femore: intervento chirurgico entro 2 giorni
La proporzione di fratture di femore su pazienti sopra i 65 anni di età operate entro due giorni è passata dal 31% del 2010 al 50% del 2014, restando ancora al di sotto dello standard internazionale atteso, superiore all’80%.

Si stima che negli ultimi 4 anni sono circa 52.000 i pazienti che hanno beneficiato dell’intervento tempestivo, di cui 21.700 nell’ultimo anno. Oltre a un evidente beneficio di salute questo risultato si associa anche a un vantaggio in termini di risorse impiegate con più di 470.000 giornate di degenza risparmiate, di cui 180.000 nel 2014. E’ da sottolineare che questo miglioramento non sembra essere avvenuto a discapito dei tempi di attesa per frattura di tibia e perone che si attestano su una mediana di 4 giorni, seppur con grosse variabilità all’interno e tra le regioni.

Il regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera fissa al 60% la proporzione minima per struttura di interventi chirurgici entro 48 ore su pazienti con frattura di femore di età > di 65 anni. Le strutture che rispondevano a questo standard erano solo 70 nel 2010-2011 e sono 161 nel 2014. Tuttavia, sono solo 44 le strutture con valori superiori all’80% e, viceversa, ben 64 le strutture con valori inferiori al 20% (un intervento su 5 entro i due giorni). Restano infatti ancora 270 circa le strutture al di sotto dello standard previsto.

Si osserva una notevole variabilità intra e interregionale con valori per struttura ospedaliera che variano da un minimo dello 0,8% a un massimo del 93%. Considerata questa estrema variabilità e la presenza di numerose regioni con valori medi molto al di sotto della media nazionale, il riferimento con la media è del tutto improprio. Se si assume come valore di riferimento la standard minimo del 60% fissato dal Regolamento del Ministero, si può vedere che, a eccezione di Abruzzo, Molise e Calabria, dove nessuna struttura raggiunge lo standard minimo, in ogni regione è presente almeno una struttura che raggiunge il 60%. Viceversa, in quasi tutte le regioni, c’è almeno una struttura che supera l’80%. Gli audit condotti sui valori estremi di questo indicatore non sembrano indicare problemi di qualità dei dati.

Confrontando i dati del 2014 con quelli del 2013, si osserva un miglioramento del valore medio regionale in quasi tutte le Regioni, con aumenti più significativi in Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Liguria, Lazio, Sardegna e Puglia.

Proporzione di parti con taglio cesareo primario
L’Organizzazione Mondiale della Sanità sin dal 1985 afferma che una proporzione di cesarei superiore al 15% non è giustificata. Il parto cesareo rispetto al parto vaginale comporta maggiori rischi per la donna e per il bambino e dovrebbe essere effettuato solo in presenza di indicazioni specifiche.
La proporzione di parti cesarei primari scende lievemente ma progressivamente dal 28.3% del 2010 al 25.7% del 2014, con grandi differenze tra le Regioni e all’interno delle Regioni. In termini assoluti, la riduzione corrisponde a un totale di circa 32.000 donne alle quali è stato evitato un cesareo primarionegli ultimi 4 anni, con conseguente esposizione a un minore rischio di successivo parto chirurgico.

Il regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera fissa al 25% la quota massima di cesarei primari per le maternità con più di 1000 parti e al 15% per le maternità con meno di 1000 parti.

Anche in questo caso, a fronte di un valore nazionale medio del 26% circa, si osserva una notevole variabilità intra e interregionale con valori per struttura ospedaliera che variano da un minimo del 5% a un massimo del 95.

Nel 2014, rimangono ancora evidenti le differenze tra le regioni del nord Italia e le regioni del sud con valori medi rispettivamente inferiori e superiori al 20% e che, nel caso della Campania sono stabili al 50%.

Infarto miocardico acuto: proporzione di trattati con Ptca entro 2 giorni
L’angioplastica primaria è un intervento di provata efficacia nel ridurre la mortalità per infarto acuto del miocardio (IMA). Dovrebbe essere effettuata nella maggior parte dei casi di IMA con sovraslivellamento del tratto ST (IMA STEMI). Purtroppo la qualità dei dati dei sistemi informativi nazionali non consente di differenziare con sufficiente validità gli infarti STEMI da quelli non STEMI e la non disponibilità dell’ora della procedura non consente di misurare la PTCA effettuata nei 60 o 90 minuti dal primo accesso, come da linee guida.
Il regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera fissa al 60% per struttura la quota minima di angioplastica coronarica percutanea entro 90 minuti dall’accesso in pronto soccorso in pazienti con IMA STEMI.

La proporzione di infarti trattati con PTCA entro 2 giorni è passata dal 32% del 2010 al 41% del 2014.

A fronte di un valore nazionale medio del 41.4%, si osserva una minore variabilità interregionale e una maggiore variabilità intra-regionale rispetto ad altri indicatori di esito, con valori per struttura ospedaliera che variano da un minimo dello 0.7% ad un massimo del 91%.

By-pass aortocoronarico: mortalità a 30 giorni - andamenti temporali Italia
La mortalità a 30 giorni dopo by-pass aortocoronarico è rimasta sostanzialmente invariata nel corso del tempo, a fronte di una riduzione dei volumi di attività.

A fronte di un valore nazionale medio del 2.5%, si osserva comunque una variabilità per struttura ospedaliera con valori che variano da un minimo di 0 a un massimo del 7.6%.Data la bassa numerosità, i risultati sono calcolati per il biennio 2013-2014.
Il Regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera fissa al 4% per struttura la mortalità massima a 30 giorni dopo intervento di bypass aortocoronarico isolato. Nel 2014 sono 17 le strutture che superano questo valore e altrettante che hanno valori di mortalità inferiori all’1%.

Valvuloplastica o sostituzione di valvole cardiache: mortalità a 30 giorni
La mortalità a 30 giorni dopo valvuloplastica è passata dal 3.5% del 2008 al 2.9% del 2014, a fronte di un aumento dei volumi di attività.

A fronte di un valore nazionale medio del 2.9%, si osserva variabilità, con valori per struttura ospedaliera che variano da un minimo dello 0.4% a un massimo dell’11.5%.Data la bassa numerosità, i risultati sono stati calcolati per il biennio 2013-2014.
Il regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera fissa al 4% per struttura la mortalità massima a 30 giorni dopo intervento di valvuloplastica o sostituzione di valvola isolata.


Colecistectomia laparoscopica: proporzione di interventi con degenza post-operatoria inferiore a 3 giorni
Le proporzioni di interventi di colecistectomia laparoscopica con degenza post-operatoria inferiore a 3 giorni è passata dal 58,8% del 2010 al 66,5% del 2014. I valori per struttura ospedaliera variano da un minimo dello 0% a un massimo del 98%.

Il regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera fissa al 70% per struttura la quota minima di colecistectomie con degenza postoperatoria inferiore a 3 giorni.
Le strutture che rispondevano a questo standard erano 204 nel 2010 e sono 253 nel 2014. Si stima che negli ultimi 4 anni sono circa 18.000 i pazienti che hanno beneficiato dell’intervento tempestivo, di cui 5500 nell’ultimo anno. Oltre a un evidente beneficio di salute questo risultato si associa anche a un vantaggio in termini di risorse impiegate con più di 120.000 giornate di degenza risparmiate, di cui 34.000 nel 2014.

A fronte di un valore medio del 65%, in tutte le regioni ci sono strutture che raggiungono valori ben superiori allo standard minimo del 70%.

Intervento chirurgico per TM mammella: proporzione di interventi di ricostruzione o inserzione di espansore nel ricovero indice per intervento chirurgico demolitivo per tumore invasivo
L’intervento di ricostruzione della mammella dopo mastectomia può essere immediato o differito. Attualmente, esistono evidenze che la ricostruzione immediata non influisce sul decorso della malattia né impedisce di individuare eventuali recidive locali, non riduce l’efficacia della chemioterapia adiuvante né della radioterapia postoperatoria e quindi non richiede che l’inizio di questi due trattamenti venga rimandato. La ricostruzione immediata permette però di semplificare il processo ricostruttivo della mammella e di ridurre l’impatto psicologico e sociale dell’intervento demolitivo, senza modificare il percorso terapeutico della paziente.

La proporzione di interventi di ricostruzione nel ricovero indice per intervento chirurgico per carcinoma della mammella è passata dal 35% del 2010 al 45% del 2014. Si osserva una estrema variabilità sia all’interno delle regioni che tra regioni, con valori mediamente più bassi nelle regioni del Sud. Tuttavia, questo indicatore è stato inserito per la prima volta in PNE e le strutture con valori molto bassi o molto alti sono state segnalate per audit sulla qualità dei dati.

Volumi attività – Parto
Le evidenze scientifiche sull’associazione tra volumi di parti ed esiti di salute materno-infantile mostrano un'associazione tra bassi volumi ed esiti negativi per i bambini di basso peso alla nascita.
Il regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera rimanda all’Accordo Stato-Regioni che, già nel 2010, prevedeva la chiusura delle maternità con meno di 500 parti.

Escludendo le strutture con meno di 10 parti/anno, nel 2014 in Italia le strutture ospedaliere con meno di 500 parti/anno sono 123 (24%), le quali effettuano il 6% dei parti, di cui il 30% di cesarei primari. Nel 2010 erano 155 le strutture con meno di 500 parti, le quali eseguivano sempre il 6% dei parti totali.
Il 70% dei parti avviene in maternità con volumi superiori a 1000 parti/anno.

Volumi attività – Cancro al colon
Nel 2014, in Italia, 610 strutture ospedaliere effettuano più di 5 ricoveri per TM del colon; tra queste, 177 strutture (29%) presentano un volume di attività superiore a 50 ricoveri annui, corrispondenti al 68% dei pazienti ricoverati nel 2014 per intervento sul carcinoma del colon.
Se consideriamo i ricoveri per Unità Operativa (anziché per struttura),mentre nel 2010 la proporzione di ricoveri in reparti con volumi di attività sopra soglia era del 45%, nel 2014 la proporzione è del 50%.

Volumi attività – Cancro al polmone
La mortalità a 30 giorni dopo l’intervento diminuisce decisamente fino a circa 50-70 interventi/anno e continua a diminuire lievemente all’aumentare del volume di attività fino a stabilizzarsi.

Nel 2014, in Italia, 149 strutture ospedaliere effettuano più di 5 ricoveri per TM del polmone; tra queste, 67 strutture (45%) presentano un volume di attività superiore a 50 ricoveri annui.

Volumi attività – Cancro alla mammella
Le linee guida internazionali identificano degli standard di qualità per i volumi di attività delle Breast Unit e, in particolare per quanto riguarda gli interventi chirurgici, la soglia minima considerata è di 150 interventi chirurgici/anno, soglia che è stata definita anche nel regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera.

Nel 2014, in Italia, delle 467 strutture ospedaliere che effettuano più di 10 ricoveri per il TM della mammella, 123 (26%) presentano volumi di attività superiori a 150 ricoveri annui, corrispondenti a circa il 70% dei pazienti che nel 2014 effettua un ricovero sul carcinoma della mammella.
Se consideriamo i ricoveri per Unità Operativa (anziché per struttura), mentre nel 2010 la proporzione di ricoveri in reparti con volumi di attività sopra soglia era del 54%, nel 2014 la proporzione è del 62%.

Volumi attività – Cancro allo stomaco
La mortalità a 30 giorni dopo l’intervento diminuisce decisamente fino a circa 20-30 interventi/anno e continua a diminuire lievemente all’aumentare del volume di attività.

Nel 2014, in Italia, 391 strutture ospedaliere effettuano più di 3 ricoveri per TM dello stomaco; tra queste, 117 strutture (30%) presentano un volume di attività superiore a 20 ricoveri annui, corrispondenti al 59% dei pazienti ricoverati nel 2014 per intervento sul carcinoma dello stomaco.
Considerando i ricoveri per Unità Operativa (anziché per struttura), la proporzione di ricoveri in reparti con volumi di attività superiori a 20 interventi/anno si riduce al 41%.

 

Aggiornata il 18 novembre 2015